Malattie tiroidee croniche: più informazione, meno esami inutili
In Italia le persone che soffrono di malattie della tiroide sono più di 6 milioni. La Settimana mondiale della tiroide (Smt, dal 20 al 25 maggio, Giornata mondiale) è l’occasione per parlare delle patologie che colpiscono questa ghiandola, dell'importanza di una diagnosi corretta e degli opportuni controlli.
Come ricorda Rossella Elisei, presidente dell'Associazione italiana tiroide (Ait) e coordinatrice della Smt, la Settimana è promossa dalle principali società scientifiche endocrinologiche, mediche e chirurgiche insieme al Comitato delle associazioni dei pazienti endocrini (Cape) ed è patrocinata dall’Istituto superiore di sanità (Iss).
Le organizzazioni dei pazienti e la comunità scientifica chiedono che l’Organizzazione mondiale della sanità riconosca le malattie tiroidee quali malattie non trasmissibili che, per definizione della stessa Oms, sono le patologie croniche, a lungo decorso, che derivano da una combinazione di fattori genetici, ambientali e comportamentali, differenziandosi quindi dalle malattie infettive contagiose, trasmissibili da un soggetto all’altro, che causano epidemie. L’interesse principale nel far riconoscere le malattie della tiroide nell’ambito delle malattie croniche risiede nel fatto che la ricerca biomedica in questo settore richiede finanziamenti cospicui; riconoscere le malattie tiroidee quali malattie croniche consentirebbe l’accesso a maggiori finanziamenti per nuovi studi i cui risultati andrebbero a beneficio della popolazione interessata da queste patologie.
In sintesi, si può affermare che la prevenzione delle patologie della tiroide passa sia attraverso un’adeguata assunzione di iodio con l’alimentazione sia attraverso controlli di prevenzione reale, ma solo per le persone a rischio come soggetti di età superiore ai 50 anni, soggetti con familiarità accertata per le malattie tiroidee e tra questi in particolare le donne che programmano una gravidanza e, infine, monitorando la funzione tiroidea di soggetti sottoposti all’assunzione di alcuni farmaci a elevato contenuto di iodio come per esempio l’amiodarone.
«Siamo impegnati a portare e facilitare, attraverso tutte le nostre iniziative sul territorio, un’adeguata e corretta informazione che pensiamo possa aiutare il paziente a “convivere” con queste patologie croniche. Il loro eventuale riconoscimento all’interno delle malattie croniche non trasmissibili comporterà un beneficio sia clinico che economico per i pazienti che ne sono portatori», concludeAnna Maria Biancifiori, presidente Cape.