Nessuno screening anticancro per il 71% delle persone transgender

Convegno Aiom

Nessuno screening anticancro per il 71% delle persone transgender

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Immagine: P.ABHIJITH, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

Quasi tre persone transgender e gender non conforming (cioè di genere diverso da quello alla nascita) su quattro (il 71%) non hanno mai partecipato ad alcun programma di screening anti cancro. Una su tre non è in grado di trovare informazioni specifiche per la prevenzione oncologica declinate sulla propria condizione. Il 53% ritiene che l’identità di genere possa avere un impatto significativo sul rischio di sviluppare il cancro. Più in generale, gli ospedali rappresentano il quinto luogo in cui le persone transgender subiscono discriminazioni (dopo gli spazi comuni all’aperto, la scuola, i mezzi di trasporto pubblici e i locali notturni) e il 32% riferisce di essere stato vittima di comportamenti discriminatori da parte del personale sanitario. Dall’altro lato, quasi la metà degli oncologi (46,2%) ritiene che questi pazienti siano discriminati nell’accesso all’assistenza oncologica e il 18,4% è stato testimone di episodi di questo tipo riconducibili all’identità di genere da parte di operatori sanitari.

Sono i principali risultati di due sondaggi, uno su 190 persone transgender e gender non conforming e uno su 305 oncologi, presentati alle Giornate dell’etica in oncologia che l'Aoim, l'Associazione italiana di oncologia medica, ha organizzato ad Assisi il 23 e 24 settembre. Le due indagini sono realizzate in collaborazione con ELMA Research.

«La medicina di genere – spiega Saverio Cinieri, presidente dell'Associazione - ha un preciso significato in oncologia. Ci sono infatti differenze tra uomini e donne in termini biologici e molecolari, di risposta alle terapie antineoplastiche e di tossicità in seguito ai trattamenti contro il cancro».

Nella seconda parte delle Giornate dell’etica, l'attenzione è stata rivolta in particolare alle esigenze della comunità LGBTQIA+. «Le problematiche oncologiche, in questa popolazione, sono del tutto misconosciute – sostiene Cinieri - ma molto importanti. Aiom è impegnata su questo fronte e stilerà le Raccomandazioni per la gestione dei tumori nei pazienti transgender».

«L’oncologia si deve aprire alle molteplici sfaccettature della società – interviene Giordano Beretta, presidente della Fondazione Aiom - e deve essere pronta ad accoglierle con un linguaggio inclusivo. Così come individuiamo i sottogruppi di pazienti in base alle alterazioni molecolari per scegliere il trattamento migliore, dobbiamo anche capire come trattare alcuni gruppi di pazienti che hanno bisogno di particolare attenzione per essere curati al meglio».

Le Giornate dell’etica «rappresentano l’occasione per focalizzare l’attenzione su tematiche trasversali e integrative – aggiunge Rossana Berardi, docente di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche, direttrice della Clinica oncologica dell’Azienda ospedaliero-universitaria delle Marche e membro del Direttivo nazionale Aiom - rispetto a quelle più tradizionali costituite dalle terapie e dai risultati degli studi clinici . La medicina di genere è un tema nuovo in ambito oncologico, per lungo tempo confinata solo all’aspetto riproduttivo. Oggi abbiamo a disposizione evidenze scientifiche crescenti, anche epidemiologiche, che aiutano a comprendere come vi siano importanti differenze biologiche in base al sesso nella risposta alle terapie».

Negli ultimi cinque anni il 41,3% degli oncologi ha curato almeno un paziente transgender o gender non conforming colpito da tumore. Per migliorare la qualità dell’assistenza, gli specialisti ritengono sia necessario implementare la formazione dei professionisti, investire in campagne istituzionali per proteggere questi cittadini da ogni forma di discriminazione basata sull’identità di genere e prevedere studi clinici che li includano, considerando le loro specifiche esigenze.

Come evidenziato dai risultati dei sondaggi, infatti, la discriminazione da parte del personale sanitario nei confronti delle persone transgender può assumere diverse forme e determinare conseguenze come la mancata partecipazione di queste persone agli screening e ai programmi di prevenzione (73,1%), il ritardo nell'accedere ai centri per affrontare i problemi oncologici (67,9%) e la sfiducia nei professionisti della sanità (57%); il 44,6% non accede del tutto ai centri di cura e il 22,6% non riceve cure appropriate.

«Per la prima volta Aiom dedica un convegno alla medicina di genere» e «include anche un focus sulla salute della comunità LGBTQIA+» sottolinea Filippo Pietrantonio dell’Oncologia medica gastroenterologica all'Istituto Tumori di Milano e membro del Direttivo nazionale dell'Associazione. «È necessario impegnarsi di più – conclude - per ridurre le disparità di accesso ai trattamenti e agli screening anti cancro che ancora esistono per alcune categorie».