Nuovo nomenclatore tariffario, da gennaio analisi genetiche a carico delle famiglie in molte regioni
Il nuovo nomenclatore tariffario della specialistica ambulatoriale che entrerà in vigore il 1° gennaio del 2024 è aggiornato solo in parte. Non è allineato ai progressi della scienza, soprattutto della genetica. Non può esserlo, visto che recepisce le modifiche introdotte dai LEA 2017. Così c’è il rischio di creare disparità sul territorio, con alcune regioni che potranno decidere di far pagare alle famiglie di tasca propria alcune determinate analisi genetiche.
L’allarme è stato lanciato dalla Società Italiana di Genetica Umana (Sigu), in una intervista rilasciata all’Osservatorio Malattie Rare.
«Il tariffario è stato aggiornato, peccato però che molte prestazioni relative alla genetica, oggi essenziali per fornire una risposta diagnostica tempestiva e certa ai pazienti con patologie rare senza diagnosi, non siano state inserite, e ciò significa che il servizo sanitario nazionale non le fornirà gratuitamente. In pratica, non potremo eseguire indagini genetiche mirate in tutte quelle situazioni in cui non si può porre il sospetto diagnostico legato ad una malattia rara esente», spiega la genetista Daniela Zuccarello, rappresentante della SIGU e dirigente medico presso l'Unità Operativa di genetica Clinica dell'Azienda Ospedale-Università di Padova.
Per esempio, l’analisi genetica di alcune malattia per le quali si è vicini a una terapia non sarà possibile perché l'elenco dei geni analizzabili per ogni specifica condizione risale al 2016.
«Il problema nasce dai tempi lunghissimi trascorsi tra la definizione del nomenclatore LEA, che si è svolta nel 2014-2026, con il coinvolgimento degli stakeholder istituzionali e delle società scientifiche del settore, inclusa la SIGU, e l’entrata in vigore, che sarà a gennaio 2024, dieci anni dopo. L'evoluzione tumultuosa della genetica ha reso rapidamente obsoleto il sistema diagnostico che poteva andar bene die anni fa», spiega Zuccarello.
Dal 1° gennaio 2024 moltissime prestazioni di genetica finora eseguite non saranno più garantite: le regioni che possono disporre di fondi ad hoc potranno continuare ad erogare tutte le prestazioni gratuitamente ma a carico del bilancio regionale (extra LEA), altre proporranno la compartecipazione di spesa (mediante specifico ticket dal costo differenziato), altre ancora saranno costrette a proporre ai pazienti di sostenere per intero il costo della prestazione.
«Parliamo di più di 2mila euro per il sequenziamento dell’esoma in trio che è la metodica che oggi ci permette di indagare contemporaneamente su migliaia di geni, andando a mettere in luce tutte le potenziali anomalie genetiche, per poter dare risposte a pazienti e famiglie che si trovano ad affrontare gravi patologie debilitanti, molte ancora senza una diagnosi molecolare precisa, senza avere la possibilità di sapere cosa li aspetta per il futuro», spiega Zuccarello.
A questo si aggiunge il problema mai superato dei codici di esenzione per malattia rara che non viene aggiornato dal 2017 e la mancata applicazione di quanto previsto dal Testo Unico Malattie Rare, che aveva giustamente indicato la necessità di trasferire nel nostro sistema di esenzioni gli Orphacode, gli unici che garantirebbero di non lasciar fuori alcuna patologia nota.
«Un combinato di ritardi che a gennaio esploderà sulle famiglie in cerca di diagnosi e sulle coppie a rischio che cercano o attendono un bambino», commenta Zuccarello. Gli effetti negativi di tutto ciò si vedranno, infatti, soprattutto in quattro ambiti: la diagnosi delle malattie rare e genetiche, soprattutto nei casi in cui servirebbe il sequenziamento dell’esoma, le indagini genetiche volte a identificare malattie che non hanno codice di esenzione o per le quali non si riesce a porre un chiaro sospetto diagnostico, il test prenatale non invasivo (NIPT) e la diagnosi preimpianto.
Si può leggere l'articolo integrale su Osservatorio Malattie Rare