Le persone disabili che si ammalano di cancro
 sono ancora pazienti di «serie B»

L’appello

Le persone disabili che si ammalano di cancro
 sono ancora pazienti di «serie B»

di redazione

È una discriminazione che si somma alle altre ed è forse la più dolorosa: le persone con disabilità quando si ammalano di cancro sono trattate come pazienti di “serie B”. Sul campo della diagnosi precoce e dell’accesso alle terapie, infatti, si registrano notevoli disagi rispetto al resto della popolazione. Un tema, quello della qualità delle cure rivolte a queste persone, portato di recente all’attenzione da una serie di articoli pubblicati sulla rivista «The Lancet Oncology». E che la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) condivide e rilancia in occasione della Giornata Internazionale dedicata ai diritti delle persone con Disabilità, che si celebrerà sabato 3 dicembre. 

«Chiediamo che il Paese, sul piano istituzionale e scientifico, consideri questo aspetto e attui una serie di misure per rendere il sistema sanitario più inclusivo e realmente universalistico, facilitando l’accesso e il percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale per le persone disabili», spiega Elisabetta Iannelli, Segretario Generale di FAVO. 

Andando sugli aspetti più pratici, l’analisi condotta da Liza Iezzoni (direttrice del Centro di ricerca sulle politiche sanitarie, Mongan Institute, del Massachusetts General Hospital di Boston) ha riconosciuto tre priorità per potenziare l’assistenza alle persone con disabilità affette da un tumore: accrescere la partecipazione agli screening oncologici (diversi studi hanno evidenziato tassi di risposta inferiore per gli screening del tumore al seno e della cervice uterina, un aspetto dovuto anche all’assenza di macchinari più accessibili per questi pazienti), agevolare il percorso diagnostico (la difficoltà a utilizzare lettini e macchinari per l’imaging porta spesso a ritardare le diagnosi), ottimizzare l’accesso alle cure (pochi i dati disponibili sulla loro efficacia in questi pazienti) e al follow-up (diversi studi evidenziano un ridotto accesso agli ospedali per controlli e terapie rispetto alle persone senza disabilità). Senza considerare poi la necessaria riabilitazione.

Quanto alle persone con una disabilità intellettiva, la seconda metanalisi coordinata da Anne Boonman (ricercatrice del dipartimento di cure primarie e di comunità del Radboud University Medical Center di Nijmegen, Olanda) ha evidenziato che i pazienti sono più vulnerabili anche durante il percorso terapeutico. Questo, fondamentalmente, per tre ragioni: una maggiore fragilità fisica che più li espone agli effetti collaterali delle terapie, le difficoltà a rispettare il piano terapeutico dall’inizio alla fine e i limiti nella gestione degli aspetti decisionali da condividere con il proprio oncologo durante le terapie. 

Non finisce qui. L’altro grande nodo critico riguarda la difficoltà per le persone con disabilità di far valere i propri diritti.  «Non tutte le persone con disabilità hanno accesso alle informazioni corrette per accedere ai benefici di legge connessi con la disabilità stessa: il lavoro delle reti oncologiche deve prendere in carico anche gli aspetti socio assistenziali. Come FAVO ci siamo battuti, assieme all’INPS e all’Associazione Italiana di Oncologia Medica, per introdurre il certificato oncologico on-line al fine di semplificare, accelerare e migliorare il corretto accertamento dell’invalidità civile. A questi temi abbiamo dedicato ampio spazio negli ultimi anni nei Rapporti dedicati alla condizione assistenziale dei pazienti oncologici. Ma il lavoro da fare è ancora molto. Quello che possiamo promettere è che non lasceremo mai soli i malati, in particolare quelli in condizione di maggiore fragilità anche a causa di una pregressa disabilità psichica, fisica o motoria. E sosterremo con tenacia i valori della sanità pubblica, nell'ottica di una presa in carico globale e continua del malato e della sua famiglia», conclude Iannelli.