Tumore del seno, le “terapie integrate” aumentano l’aderenza e riducono gli effetti collaterali
Le cosiddette “terapie integrate” possono essere di grande aiuto per le donne in cura contro un carcinoma mammario, rendere i trattamenti più sopportabili e più efficaci. Tuttavia, nel nostro Paese meno di una paziente con tumore al seno su due ricorre alle terapie integrate perché il più delle volte nessuno gliene parla o per assenza di disponibilità nella struttura in cui sono in cura. Ad alzare il velo su questa carenza sono gli specialisti della Rete oncologica pazienti Italia (Ropi), in una ricerca sull'argomento presentata in occasione del primo incontro “Terapie integrate e carcinoma mammario” che si è tenuto venerdì 27 gennaio al Policlinico Gemelli di Roma.
«Le terapie integrate in oncologia consistono nella combinazione di cure mediche standard con trattamenti complementari – spiega Stefania Gori, direttore del Dipartimento oncologico all'Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e presidente Ropi - al fine di migliorare la tolleranza alle terapie antitumorali e nella promozione di stili di vita salutari. Promuovere sani stili di vita può ridurre il rischio di recidive tumorali o l’insorgenza di secondi tumori legati al persistere di abitudini comportamentali a rischio».
La ricerca presentata al Gemelli è stata condotta attraverso l'analisi delle risposte a circa duecento questionari sottoposti a pazienti con carcinoma mammario avanzato in fase precoce e in fase avanzata, in cura in diverse strutture in Italia, in un periodo che va da ottobre a dicembre 2022. Dai risultati è emerso che solo il 46% delle donne con carcinoma mammario ha utilizzato una o più terapie integrate. Di queste donne, il 74% ne ha avuto accesso al di fuori del Ssn e ne ha usufruito per gestire meglio gli effetti collaterali, sia fisici sia psicologici, delle terapie e della malattia. Tra le terapie integrate a cui si ricorre maggiormente ci sono le cosiddette “discipline body-mind” (22%), tra cui lo yoga, il tai chi, il Qui gong, la mindfullness; e in egual misura (22%) le cosiddette “terapie complementari”, cioè agopuntura, shiatsu, riflessologia. Seguono l'arteterapia (5%), la musicoterapia (2%) e altre non ben specificate.
«Nonostante il 96% delle pazienti ritiene di aver tratto beneficio dalle terapie integrative – osserva Alessandra Fabi, responsabile della Medicina di precisione neoplasia della mammella del Gemelli - il 54% delle donne con carcinoma mammario non ne ha utilizzata neanche una. La metà di queste pazienti perché non ne ha sentito parlare, il 30% perché non ne ha voglia e tempo e il 15% perché non ha possibilità di accedervi nella zona in cui vive».
Tra le pazienti che hanno fatto ricorso alle terapie integrate, il 51% si è rivolto a professionisti privati e solo il 21% ne ha usufruito presso il proprio centro di cura. Il 23% ha avuto accesso grazie alle associazioni di volontariato.
«L’importanza della qualità di vita deve sempre essere un obiettivo della ricerca clinica in ambito oncologico – sottolinea Massimo Di Maio, direttore dell’Oncologia dell’Azienda ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, e segretario nazionale Aiom. «Questo argomento è stato spesso relegato a endpoint “Cenerentola” della ricerca prosegue - ma negli ultimi anni sta acquistando un’importanza crescente per la comunità scientifica e anche nel processo di valutazione dei farmaci da parte delle Agenzie regolatorie».