Gli antidepressivi usati contro il dolore cronico funzionano? Dipende…
Il boom di vendite di antidepressivi in molti Paesi del mondo registrato negli ultimi anni (nei Paesi dell’Ocse il consumo di questa categoria di psicofarmaci è raddoppiato tra il 2000 e il 2015) non indica necessariamente un aumento equivalente dei casi di depressione.
Il disturbo dell’umore resta, ovviamente, la principale ragione per cui si ricorrere a un antidepressivo, ma non è l’unica. Sta infatti aumentando notevolmente l’utilizzo degli psicofarmaci per il trattamento del dolore cronico. Gli antidepressivi vengono prescritti per calmare le sofferenze causate da malattie reumatiche, emicrania, mal di schiena, fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile e altri dolori difficili da gestire con i farmaci analgesici. È vero che spesso il dolore cronico è associato alla depressione, ma gli antidepressivi vengono prescritti anche in assenza di disturbi mentali o dell’umore, solo ed esclusivamente a scopo antalgico. La maggior parte delle prescrizioni avviene “off label”. Le eccezioni sono poche: c’è la duloxetine, che in Australia è approvata per il dolore neuropatico diabetico, o l'amitriptilina approvata nel Regno Unito per il dolore neuropatico, la cefalea tensiva e l’emicrania. Ma questa strategia, che sia “on” oppure “off-label”, è sicura? È efficace?
La risposta si trova nell’indagine appena pubblicata sul British Medical Journal secondo la quale la prescrizione degli antidepressivi nella terapia del dolore cronico dovrebbe avvenire cercando di dare il farmaco giusto al paziente giusto. Perché non tutti gli psicofarmaci funzionano per ogni condizione. I ricercatori dell’Università di Sidney che hanno realizzato lo studio, per esempio, criticano le linee guida redatte nel 2021 dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) britannico che raccomandano indiscriminatamente diversi tipi di antidepressivi per gli adulti che vivono con dolore cronico. L’elenco comprende l’amitriptilina, il citalopram, la duloxetina, la fluoxetina, la paroxetina o la sertralina.
«Raccomandare un elenco di antidepressivi senza un'attenta considerazione delle prove per ciascun farmaco in rapporto alle diverse condizioni di dolore può indurre erroneamente medici e pazienti a pensare che tutti gli antidepressivi abbiano la stessa efficacia per tutte le condizioni di dolore. Abbiamo dimostrato che non è così», ha dichiarato Giovanni Ferreira autore principale dello studio.
Per fare i dovuti distinguo, i ricercatori hanno condotto una revisione sistematica di studi condotti tra il 2012 e il 2022 che avevano coinvolto in tutto 25mila partecipanti testando 8 classi di antidepressivi e 22 tipi di dolore cronico (mal di schiena, fibromialgia, mal di testa, dolore postoperatorio e sindrome dell'intestino irritabile).
Dall’analisi dei risultati è emerso che alcuni antidepressivi sono effettivamente efficaci nella gestione del dolore. Gli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI) come la duloxetina hanno mostrato un potere analgesico per un gran numero di condizioni, come mal di schiena, artrosi del ginocchio, dolore postoperatorio, fibromialgia e dolore neuropatico (dolore ai nervi).
Al contrario, gli antidepressivi triciclici, come l'amitriptilina, che sono gli antidepressivi più usati per il trattamento del dolore nella pratica clinica, non hanno dato chiare evidenze di una loro efficacia.
«Questa revisione, per la prima volta, riunisce tutte le prove esistenti sull'efficacia degli antidepressivi nel trattamento del dolore cronico in un documento completo», ha commentato Ferreira.
Gli scienziati hanno inserito alla fine del loro studio una nota con un invito alla prudenza: «Gli antidepressivi sono medicinali soggetti a prescrizione medica. Non usare antidepressivi se non sotto consiglio medico. È molto importante non interrompere bruscamente il trattamento per evitare effetti di astinenza che possono essere angoscianti e talvolta presentarsi come gravi problemi di salute. Questi effetti di astinenza includono vertigini, nausea, ansia, agitazione, tremore, sudorazione, confusione e disturbi del sonno», avvertono i ricercatori.