Arteriopatia periferica: possibile prevenire metà delle amputazioni con tecniche mini-invasive e nuove cure

L’evento 

Arteriopatia periferica: possibile prevenire metà delle amputazioni con tecniche mini-invasive e nuove cure

di redazione

Il primo sintomo è uno strano formicolio alla gamba, poi subentra il dolore, intenso tanto da impedire di camminare, infine arrivano le lesioni impossibili da guarire. Così si presenta l’ischemia critica degli arti inferiori, lo stadio più avanzato dell’arteriopatia periferica, patologia caratterizzata dalla riduzione dell’afflusso di sangue alle arterie. Nei casi più gravi si può arrivare all’amputazione, una misura estrema a cui purtroppo in Italia si ricorre troppo di frequente. La criticità verrà affrontata nel corso della seconda edizione del meeting “Rome Peripheral Interventions” (Roma il 9 e il 10 giugno), dove verranno discussi i più recenti aggiornamenti sulle evidenze cliniche e sulle possibilità attuali e future nel trattamento endovascolare delle patologie extra-coronariche.

Nel nostro Paese vengono eseguite ogni anno 3.382 amputazioni (dati PNE 2021), la metà delle quali possono essere prevenute ricorrendo a procedure mini-invasive e ai nuovi farmaci ipolipemizzanti, sotto prescritti (solo il 10% dei pazienti li riceve), per la scarsa informazione dei medici e per il complesso il sistema di prescrizione. 

Si stima che l’arteriopatia periferica colpisca 200 milioni di persone nel mondo, di cui 40 milioni solo in Europa. In Italia la prevalenza della malattia si attesta intorno al 10  nelle persone con più di 40 anni con un trend in aumento fino al 23 per cento nei prossimi anni. La patologia, che spesso si verifica con l’avanzare dell’età, è più frequente nei soggetti diabetici. Particolarmente a rischio sono anche i soggetti fumatori o con un passato da fumatori, per i quali il rischio di sviluppare questo tipo di patologia è quattro volte superiore rispetto agli altri. 

«La prevenzione dell’arteriopatia periferica si basa su uno stretto controllo dei fattori di rischio: per questo occorre seguire una dieta equilibrata, a ridotto contentuo di zuccheri e grassi, smettere di fumare e praticare regolarmente esercizio fisico. Per i pazienti diabetici, in particolare, è molto importante  evitare traumatismi agli arti perché essi aumentano le probabilità di ulcerazioni, piaghe e infezioni», spiega Giovanni Esposito, professore ordinario di Cardiologia e direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e Utic dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE)

Anche se i sintomi dell’arteriopatia periferica sono difficili da ignorare, molto spesso vengono confusi con i disturbi correlati all’invecchiamento. Capita quindi che ci si rivolga al medico quando la malattia è già avanzata fino a richiedere l’amputazione dell’arto colpito da patologia. 

Eppure esistono due importantissime opzioni terapeutiche che, in buona parte dei casi, aiutano a evitare l'amputazione dell'arto. La prima è la terapia farmacologica che si basa su molecole che rendono più fluido il sangue, la secondo è l’ interventi di rivascolarizzazione mediante angioplastica che consente la riapertura ‘meccanica’ delle arterie come si fa sulle coronarie. Tra i farmaci, un ruolo fondamentale è giocato dai quelli anti-colesterolo di nuova generazione, i cosiddetti inibitori di PCSK9, in grado di ridurre del 30 per cento il rischio di amputazione

Purtroppo però in Italia i farmaci ipolipemizzanti di nuova generazione sono sottoprescritti, per la scarsa informazione dei medici e per una serie di ragioni organizzative che rendono complesso il sistema di prescrizione. «Si stima infatti che gli inibitori di PKCS9 vengano prescitti al paziente solo nel 10 per cento per cento dei casi. Grandi differenze ci sono anche nel ricorso a procedure di rivascolarizzazione "salva-arto", in particolar modo quelle mini-invasive»,  precisa Esposito. 

Il convegno è patrocinato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), dall'Associazione Italiana di Neuroradiologia Diagnostica e Interventistica (Ainr) e dalla Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare (Sicve).