L’aspirinetta riduce il rischio di diabete negli over 65. Ma non è un buon motivo per cominciare a prenderla
Per ora le indicazioni sull’uso dell’aspirina in fase di prevenzione non cambiano. La terapia viene consigliata solo in presenza di condizioni cliniche specifiche, come nel caso di un infarto. Ma un nuovo studio che verrà presentato al meeting annuale della European Association for the Study of Diabetes (EASD) che si terrà ad Amburgo dal 2 al 6 ottobre invita a valutare un altro potenziale impiego dell’acido acetilsalicilico: 100 milligrammi al giorno di aspirina (che corrisponde al “basso dosaggio”) nelle persone dai 65 anni in su sono associati a una riduzione del 15 per cento di di sviluppare diabete di tipo 2.
A questo risultato è giunto un gruppo di ricercatori dell’Università di Melbourne in Australia dopo aver condotto il follow-up di uno studio in doppio cieco con placebo denominato “Aspree” sugli effetti dell’aspirina pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2018.
Quello studio aveva messo profondamente in discussione il ricorso all’aspirina come prevenzione primaria: l’aumento del 38 per cento del rischio di emorragie non era compensato da una evidente efficacia nel ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari. Le persone over 65 senza pregresse malattie cardiache non avrebbero avuto consistenti benefici dall’uso dell’aspirina rischiando invece problemi di salute. Ora, una parte delle persone che aveva partecipato allo studio originale (tutte inizialmente senza diabete), la metà delle quali era stata trattata con 100 mg di aspirina al giorno e l’altra metà con placebo, è stata analizzata sotto una diversa prospettiva. Questa volta, invece di valutare l’impatto dell’aspirina sulla salute cardiovascolare, i ricercatori hanno analizzato nel corso di u periodo osservazione durato 5 anni gli effetti del farmaco sul rischio di diabete. Scoprendo che su oltre 16mila partecipanti, il gruppo trattato con aspirina aveva un rischio inferiore del 15 per cento di andare incontro alla malattia metabolica in confronto al gruppo trattato con placebo.
L’incidenza del diabete è stata dedotta dalle auto-segnalazioni, dall’utilizzo dei farmaci ipoglicemizzanti e da livelli di glucosio plasmatico a digiuno pari o superiori a 7,0 mmol/L e alle visite di follow-up annuali.
«Il trattamento con aspirina ha ridotto l’incidenza del diabete e ha rallentato l’aumento della glicemia a digiuno nel tempo tra gli anziani inizialmente sani. Data la crescente prevalenza del diabete di tipo 2 tra gli anziani, gli effetti potenziali degli agenti antinfiammatori come l’aspirina nel prevenire il diabete di tipo 2 o nel migliorare i livelli di glucosio necessita di ulteriori studi», hanno dichiarato gli autori della ricerca.
I risultati del nuovo studio, almeno per ora, non impongono però una modifica delle linee guida sull’uso dell’aspirina come prevenzione.
«I risultati dello studio Apree pubblicati nel 2018 hanno mostrato che l’aspirina non prolunga la vita sana e indipendente, ma è associata a un rischio significativamente aumentato di sanguinamento, principalmente nel tratto gastrointestinale. Le principali linee guida sulla prescrizione ora raccomandano agli anziani di assumere l’aspirina ogni giorno solo quando esiste una ragione medica per farlo, ad esempio dopo un infarto. Sebbene queste nuove scoperte siano interessanti, al momento non cambiano i consigli clinici sull'uso dell'aspirina nelle persone anziane», commenta Sophia Zoungas, della School of Public Health and Preventive Medicine dell’Università di Melbourne a capo dello studio.