Covid, vaccino fondamentale per persone immunocompromesse. Ma a volte non basta

Il rapporto

Covid, vaccino fondamentale per persone immunocompromesse. Ma a volte non basta

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Immagine: Navy Medicine from Washington, DC, USA, Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione
Il 10% delle persone ricoverate per Covid è immunocompromesso. E per loro il rischio di morire, una volta finiti in ospedale, è lo stesso, con o senza vaccino. Ma ciò non significa che il vaccino non funziona

C’è un gruppo ristretto e specifico di persone per cui, almeno apparentemente, essere o non essere vaccinati contro Covid-19 non fa differenza: si tratta dei pazienti immunocompromessi che finiscono in ospedale per un’infezione da Sars-Cov-2. Una volta ricoverato, chi si è vaccinato ha le stesse probabilità di morire di chi non si è vaccinato. È un eccezione che conferma la regola: i vaccini riducono la mortalità da Covid-19 per tutti, tranne che per questa categoria di persone. 

Le persone in condizioni di immunocompromissione rappresentano appena il 3 per cento della popolazione degli Stati Uniti eppure costituiscono il 12,2 per cento di tutti i ricoveri per Covid. 

La particolare fragilità di chi ha basse difese immunitarie emerge da un rapporto appena pubblicato dei Centers for Disease Control and Prevention. Il confronto tra vaccinati e non vaccinati è indicativo. Tra i vaccinati adulti, le persone immunocompromesse hanno maggori probabilità di essere ricoverate in terapia intensiva e di morire in ospedale rispetto alle persone non immunocompremesse. 

Tra i non vaccinati, vale lo stesso: le persone immunocompremesse rischiano di più delle persone con un sistema immunitario funzionante. 

Dopo il ricovero, la condizione di immunocomprimissione fa da livella e il rischio di morte è lo stesso per vaccinati e non vaccinati. Il vaccino può ridurre il rischio di ricovero, ma una volta che si finisce in ospedale e l’infezione prende il sopravvento perde la sua capacità protettiva. 

Attenzione, però. Ciò non significa che i vaccini sono inefficaci. Piuttosto, sottolinea un aspetto sotto la lente della ricerca fin dall'inizio della campagna vaccinale contro Covid: esiste una fetta di persone con un sistema immunitario compromesso che non riesce a rispndere allo stimolo rappresentato dai vaccini. 

I dati raccolti nel rapporto dimostrano inoltre che il tasso di mortalità intraospedaliera varia a seconda della specifica condizione di immunocompromissione, con probabilità più elevate per i pazienti affetti da mieloma multiplo, per quelli sottoposti a trapianto di organi solidi, per gli individui affetti da AIDS o per chi ha bassi livelli di CD4+ e per chi segue una terapia immunosoppressiva. Un deficit di immunoglobuline invece non aumenta significativamente il rischio di morte in ospedale.

I ricercatori hanno raccolto i dati da 10 Stati tra marzo 2021 e febbraio 2022. Dei 22.345 adulti ricoverati in ospedale per COVID-19 durante questo periodo, 2.209 erano immunocompromessi (354 vaccinati e 1.855 non vaccinati). Nel gruppo immunocompromesso, il 37 per cento aveva un tumore maligno solido, il 32 per cento era in terapia immunosoppressiva, il 14 per cento era stato sottoposto a trapianto, il 6,7 per cento aveva l'HIV, il 2,7 per cento aveva il mieloma multiplo e l’1,3 per cento aveva l'AIDS o un basso numero di CD4+.

Dall’analisi è emerso che anche le varianti giocano un ruolo chiave nel rischio di morte per Covid. L’esito del ricovero per le persone immunocompromesse dipendeva infatti anche dalla mutazione del virus in circolazione. 

Durante i periodi pre-Delta e a predominanza Delta, i pazienti immunocompromessi avevano maggiori probabilità di morte, indipendentemente dallo stato di vaccinazione. Durante il periodo di prevalenza di Omicron, non vi era alcuna differenza statisticamente significativa tra individui immunocompromessi e non immunocompromessi, indipendentemente dallo stato di vaccinazione.

«Date le maggiori probabilità di esiti gravi di Covid-19 tra i pazienti ospedalizzati immunocompromessi, sono fondamentali molteplici strategie di prevenzione per evitare l'ospedalizzazione e i successivi esiti gravi, soprattutto quando nella comunità emerge il rischio di una maggiore trasmissione e gravità della malattia», ha dichiarato Jason Robert Singson, epidemiologo che ha guidato lo studio. 

Come si possono proteggere da Covid le persone in condizioni di immunocomprimissione? Intanto con i vaccini che riducono il rischio di ricovero, poi assicurandosi di frequentare persone vaccinate che hanno minori possibilità di trasmettere l’infezione, infine seguendo una specifica terapia profilattica pre-esposizione come Evusheld, la combinazione di due anticorpi monoclonali, che impedisce al virus di far breccia nelle cellule. Gli esperti dei CDC, inoltre, consigliano alle persone immunocompromesse di ricorrere ai test casalinghi per avere una diagnose precoce e di conseguenza interventi terapeutici tempestivi. 

Nello studio non viene preso in considerazione l’intervallo di tempo tra la vaccinazione e il ricovero. E, dato che i pazienti immunocompromessi sono stati tra i primi a essere vaccinati, è possibile che abbiano anche avuto per primi un declino dell’immunità.