Leucemia linfatica cronica: verso terapie sempre più tollerate ed efficaci nel lungo periodo

Farmaci

Leucemia linfatica cronica: verso terapie sempre più tollerate ed efficaci nel lungo periodo

pexels-julia-zolotova-6516594.jpg

Immagine: Photo by Julia Zolotova: https://www.pexels.com/photo/person-holding-a-white-pill-6516594/
di redazione
Dal congresso annuale dell’American Society of Hematology gli studi GLOW e CAPTIVATE confermano l'efficacia dei trattamenti a base di ibrutinib

Una cura vera e propria non c’è ancora. Tuttavia, per la leucemia linfatica cronica si è entrati in una fase in cui i trattamenti garantiscono lunghe sopravvivenze, alta tollerabilità che salvaguarda la qualità di vita e buon controllo della malattia senza necessità di ricorrere a terapie di seconda linea. È la tendenza che arriva dal congresso annuale dell’American Society of Hematology tenutosi nei giorni scorsi a San Diego.

Tra le novità più significative quelle che arrivano dalla presentazione dei dati a lungo termine dello studio di fase 3 GLOW e dello studio di fase 2 CAPTIVATE, entrambi volti a valutare l’efficacia del trattamento a durata fissa della combinazione ibrutinib più venetoclax in prima linea.

A un follow-up di 57 mesi, lo studio GLOW, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia di ibrutinib più venetoclax rispetto alla combinazione clorambucil più obinutuzumab, ha mostrato un tasso di sopravvivenza globale stimato pari a 84,5 per cento in pazienti con leucemia linfatica cronica di prima diagnosi, anziani e/o con comorbidità trattati con ibrutinib più venetoclax, rispetto alla coorte clorambucil più obinutuzumab, in cui la sopravvivenza globale è stata pari al 63,7 per cento. Ciò si traduce in una riduzione del rischio di morte del 55 per cento nei pazienti trattati con la combinazione di ibrutinib più venetoclax rispetto a quelli trattati con clorambucil più obinutuzumab.

I risultati dello studio CAPTIVATE, che si basa su un regime terapeutico di ibrutinib più venetoclax simile a quello dello studio GLOW, hanno mostrato remissioni profonde con valori significativi di sopravvivenza libera da progressione nella coorte ibrutinib più venetoclax. Nella coorte a terapia fissa, i valori di sopravvivenza libera da progressione sono rimasti elevati e costanti, con il 70 per cento dei pazienti trattati ancora in vita e senza progressione della malattia con un follow-up di 57 mesi.

«Siamo orgogliosi dell'impatto che ibrutinib continua ad avere sui pazienti con linfatica cronica, grazie a miglioramenti sia degli esiti clinici sia dell’esperienza di trattamento», dichiara Edmond Chan, Senior Director, EMEA Therapeutic Area Lead Haematology, Janssen-Cilag Limited. «Ad oggi, ibrutinib è l'unica target therapy che ha dimostrato di avere un beneficio significativo in prima linea in termini di sopravvivenza globale in uno studio di fase 3; in questo senso, gli ultimi dati presentati all'ASH dimostrano che, a fronte di un follow-up più lungo, questo regime di combinazione a durata fissa continua a mantenere risposte profonde e durature, anche nei pazienti a rischio più elevato».

Lo studio GLOW

Lo studio GLOW ha coinvolto 211 pazienti con leucemia linfatica cronica di età pari o superiore a 65 anni o di età compresa tra i 18 e i 64 anni con un punteggio della scala di valutazione cumulativa della malattia superiore a sei o una clearance della creatina inferiore a 70 mL/min. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere ibrutinib più venetoclax o clorambucil più obinutuzumab. 

A un follow-up di 57,3 mesi la sopravvivenza libera da progressione è rimasta superiore per ibrutinib più venetoclax rispetto a clorambucil più obinutuzumab. I tassi stimati di sopravvivenza libera da progressione a 54 mesi sono stati del 66,5 per cento nei pazienti trattati con ibrutinib più venetoclax, rispetto al 19,5 per cento di quelli trattati con clorambucil più obinutuzumab.

I pazienti trattati con ibrutinib più venetoclax hanno continuato ad avere un vantaggio in termini di sopravvivenza globale, con una riduzione del rischio di morte del 55 per cento. In particolare, i tassi stimati di sopravvivenza globale a 54 mesi sono stati dell'84,5 per cento nel braccio ibrutinib più venetoclax rispetto al 63,7 del braccio di controllo. 

Con il trattamento ibrutinib più venetoclax si è ridotto inoltre dell’82 per cento il rischio di dover ricorrere a una terapia di seconda linea. A 54 mesi, l'87,9 per cento dei pazienti trattati con ibrutinib più venetoclax non ha richiesto una terapia successiva.

Tra i dati salienti dello studio, il fatto che la combinazione ibrutinib più venetoclax ha determinato tassi di sopravvivenza libera da progressione a 54 mesi pari al 90 per cento in pazienti con una mutazione a livello della regione variabile della catena pesante dell'immunoglobulina e al 59 per cento in pazienti senza questa mutazione. Nei pazienti con mutazione, i tassi di sopravvivenza libera da progressione a 42 mesi dopo il trattamento con ibrutinib più venetoclax sono stati superiori o uguali al 91 per cento, indipendentemente dallo stato di malattia minima/misurabile residua a tre mesi dalla fine del trattamento. Nei pazienti senza mutazione, i tassi di progressione libera da malattia a tre anni dopo il trattamento con ibrutinib più venetoclax sono stati dell'81 per cento per i pazienti che hanno raggiunto una malattia minima/misurabile residua non rilevabile.

Dopo 38 mesi dalla fine del trattamento con ibrutinib più venetoclax, il 32,1 per cento dei pazienti aveva una una malattia minima/misurabile residua non rilevabile. Dei pazienti che hanno raggiunto la malattia minima/misurabile residua non rilevabile tre mesi dopo il trattamento con ibrutinib più venetoclax, il 53,4 percento ha mantenuto lo stato di malattia minima/misurabile residua non rilevabile fino a 38 mesi dopo il trattamento.

«I risultati aggiornati dello studio GLOW dopo cinque anni continuano a dimostrare l'efficacia della terapia a durata fissa ibrutinib più venetoclax nei pazienti con leucemia linfatica cronica di prima diagnosi più anziani o con comorbidità », afferma George Follows, Consultant Hematologist at Cambridge University Addenbrooks Hospital & Clinical Lead for Lymphoma/CLL. «Anche se attualmente non esiste una cura per questa malattia, questo trattamento risulta molto promettente, con un’efficacia costante nel tempo e con risposte durature a quasi cinque anni di follow-up».

Lo studio CAPTIVATE

Positivi anche i dati dello studio CAPTIVATE, che ha utilizzato un  regime a base di ibrutinib più venetoclax simile a quello dello studio GLOW in pazienti con leucemia linfatica cronica di età pari o inferiore a 70 anni, hanno mostrato remissioni profonde e valori di sopravvivenza libera da progressione clinicamente significativi. 

In particolare, a quasi cinque anni, l'82 per cento dei pazienti non ha ricevuto un trattamento successivo. 

Dei 202 pazienti trattati con ibrutinib più venetoclax nella coorte a durata fissa o nella coorte con malattia minima/misurabile residua, ad oggi 53 hanno avuto una progressione della malattia, che, nella maggior parte dei casi si è verificata a due anni dalla fine del trattamento. 

Di questi pazienti, 22 hanno iniziato il ri-trattamento con ibrutinib in monoterapia. A un follow-up mediano di 17 mesi, il tasso di risposta globale nei 21 pazienti valutabili per la risposta è stato dell’86 per cento.Tra questi pazienti, non ci sono state riduzioni della dose di ibrutinib o interruzioni a causa di eventi avversi.

Nella coorte a durata fissa, i tassi di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale a 54 mesi sono stati rispettivamente del 70 per cento e del 97 per cento.

«GLOW e CAPTIVATE sono gli studi sul trattamento con ibrutinib più venetoclax a durata fissa più lunghi condotti su pazienti affetti da leucemia linfatica cronica, con quasi cinque anni di risultati», conclude Craig Tendler, Vice Presidente, Late Development and Global Medical Affairs, Johnson & Johnson Innovative Medicine. «Se analizzati nel complesso, i risultati di questi studi indicano la combinazione ibrutinib più venetoclax come un’importante terapia di prima linea, completamente orale, per la leucemia linfatica cronica, e sottolineano ulteriormente l’importanza di questa combinazione nel cambiare lo standard di cura per i pazienti con leucemia linfatica cronica e altri tumori maligni a cellule B».