Leucemia mieloide acuta: Aifa approva venetoclax nei pazienti non idonei alla chemioterapia intensiva standard

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Leucemia mieloide acuta: Aifa approva venetoclax nei pazienti non idonei alla chemioterapia intensiva standard

di redazione

Apportano un valore terapeutico aggiunto, primo fra tutti, l’aumento della sopravvivenza. I farmaci con questo requisito ottengono dall’Agenzia Italiana del Farmaco la designazione di innovatività piena. Che è quella ottenuta da venetoclax, il farmaco per la leucemia mieloide acuta di cui è appena stata approvata la rimborsabilità. 

Venetoclax è un inibitore selettivo di BCL-2, che riattiva il meccanismo di apoptosi delle cellule tumorali. In combinazione con azacitidina è indicato per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi non idonei alla chemioterapia intensiva. 

Grazie al suo meccanismo d’azione, il farmaco è in grado di indurre risposte profonde e remissioni durature in alcuni tumori ematologici aggressivi tra cui la leucemia mieloide acuta. I passi avanti nella gestione della patologia sono stati illustrati in una conferenza stampa a Roma.

«La leucemia mieloide acuta è una patologia ematologica aggressiva, estremamente eterogenea, caratterizzata dalla proliferazione incontrollata di cellule immature del midollo osseo, i blasti, con uno sviluppo molto rapido. La diagnosi avviene di solito in seguito alla valutazione di anomalie dell’emocromo e viene confermata con indagini più specifiche che richiedono la valutazione del midollo osseo attraverso l’aspirato midollare. La maggioranza dei casi si presenta in età avanzata e l’età media alla diagnosi è di 69 anni. I pazienti anziani o fragili, perché colpiti da altre patologie, non sono in grado di tollerare la chemioterapia intensiva standard, seguita dal trapianto allogenico di cellule staminali, se indicato. In questi casi, la terapia si basa su agenti ipometilanti che, però, hanno dimostrato di indurre basse percentuali di risposte, in non più del 20% dei casi, e una sopravvivenza intorno a 10-12 mesi», spiega – afferma Maria Teresa Voso, Professore Ordinario di Ematologia all’Università Tor Vergata e Responsabile del laboratorio di Diagnostica Avanzata Oncoematologica del Policlinico Tor Vergata di Roma. Venetoclax induce la morte ‘programmata’ (apoptosi) delle cellule della leucemia mieloide acuta, attraverso un’inibizione selettiva e potente di BCL-2, una proteina che consente la sopravvivenza delle cellule tumorali. Venetoclax svolge, inoltre, un’attività sinergica con gli agenti ipometilanti, aumentando indirettamente la sensibilità all’inibizione di BCL-2”. Gli agenti ipometilanti interferiscono inoltre con altri meccanismi che determinano lo sviluppo della malattia, e prevengono la crescita di cellule anomale nel midollo osseo.

«Più del 50 per cento dei pazienti colpiti da leucemia mieloide acuta ha un’età superiore a 65 anni e circa un terzo è over 75. La malattia nell’anziano ha caratteristiche prognostiche sfavorevoli rispetto al giovane-adulto perché più resistente alla chemioterapia. Da qui le difficoltà di ottenere in questa popolazione la remissione completa e una sopravvivenza a lungo termine. Grazie agli strumenti di ‘early access’, cioè di accesso precoce ai trattamenti, questa terapia innovativa è stata resa disponibile in Italia addirittura un anno prima dell’approvazione europea e tre prima della rimborsabilità nel nostro Paese. AIFA infatti, nel marzo 2020, su richiesta della comunità scientifica e delle Associazioni dei pazienti, ha inserito venetoclax nell’elenco dei farmaci erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale ai sensi della legge n.648 del 1996, per il trattamento della leucemia mieloide acuta, in pazienti non idonei alla chemioterapia di induzione. In questo modo è stata offerta una possibilità di cura in una popolazione particolarmente delicata, per far fronte alla mancanza di alternative terapeutiche e rispondere a bisogni clinici insoddisfatti», ha sottolineato Felicetto Ferrara, Direttore Ematologia all’Ospedale Cardarelli di Napoli. 

Grazie al programma di “early access” sono stati trattati oltre 2mila pazienti prima della rimborsabilità, con risultati sovrapponibili a quelli ottenuti nello studio registrativo.