Tra lotta alla resistenza e semplificazione delle cure, le sfide per mettere all’angolo l’Hiv
Un vaccino per prevenire l’infezione non arriverà domani. E una cura per battere una volta per tutte il virus è ancora lontana nonostante esistano dei casi sporadici di guarigione. Tuttavia, poche malattie come l’Hiv hanno visto un progresso tanto repentino e significativo. Oggi la grande maggioranza dei pazienti convive con la malattia tenendo costantemente sotto controllo il virus. Tuttavia le sfide sono ancora numerose.
«Esiste una piccola quota di pazienti che chiamiamo multiresistenti che a causa della lunga esposizione a terapia antiretrovirale o per problemi clinici o di aderenza ha un po’ consumato le opzioni terapeutiche disponibili» dice Antonella Castagna, primario dell’Unità di Malattie Infettive dell'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. «Un’altra sfida è quella della semplificazione della terapia antiretrovirale: in questo ci aiuterà l’arrivo dei farmaci long active che ci permetteranno di spezzare il ritmo quotidiano della terapia orale e permetteranno di combattere lo stigma a esso associato».
Sul questo fronte molto si sta muovendo. Nei giorni scorsi si è tenuto l’annuale meeting CROI (Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections) dove sono state presentate importanti novità su questo tema. Due studi, in particolare, hanno mostrato il potenziale contributo di un nuovo farmaco, lenacapavir, al contrasto della resistenza e della semplificazione.
Lenacapavir, spiega Castagna, «ha due caratteristiche importanti: la prima è che è il primo inibitore del capside virale, e ha la caratteristica di agire non su un singolo punto del ciclo di replicazione del virus, ma su più punti, sia in fase precoce, quando la particella virale cerca di introdurre il materiale genetico all’interno del nucleo della nostra cellula, sia in fase tardiva quando si forma la nuova particella virale. L’altra caratteristica che rende questo farmaco affascinante - spiega l’infettivologa - è che vi è una flessibilità nella formulazione. Abbiamo la possibilità di una formulazione orale, ma studi in corso stanno sperimentando somministrazione sottocutanea, long-acting. Con “long acting” intendo una somministrazione ogni 24 settimane».
Un primo studio (CAPELLA) presentato al CROI ha mostrato che in persone con Hiv multi-resistente e con pesante esperienza di trattamento, il trattamento con lenacapavir, somministrato per via sottocutanea ogni sei mesi, in combinazione con altri antiretrovirali, ha permesso di ottenere alti tassi di soppressione virologica e aumenti della conta dei linfociti CD4. In particolare, l’83% aveva raggiunto una carica virale non rilevabile dopo circa un anno di trattamento».
«Lo stesso successo lo abbiamo visto anche nello studio CALIBRATE sui pazienti naïve, in cui le percentuali di successo virologico riscontrato sono quelle che ci aspettiamo in persone che non hanno mai ricevuto il trattamento. Lo studio ha anche la caratteristica di andare a studiare quali saranno i compagni di lenacapavir. Il farmaco infatti non potrà essere proposto in monoterapia, ma dovrà essere accompagnato da partner per rendere il meccanismo di blocco di replicazione virale completo. Lo studio sta cercando quali potranno essere i compagni giusti» aggiunge Castagna.
Lenacapavir al momento non è stato approvato dalle autorità regolatorie. Tuttavia la lunga durata d’azione potrebbe rappresentare una svolta nel trattamento dell’Hiv.
«Il potenziale di un’opzione di trattamento antiretrovirale a lunga durata d’azione, in grado di ottenere e mantenere una carica virale non rilevabile e che venisse somministrata solo due volte l’anno, rappresenterebbe una vera svolta, per il modo in cui gli operatori sanitari si prendono cura di alcuni specifici pazienti», ha detto in occasione della presentazione degli studi al CROI Onyema Ogbuagu, direttore del programma di studi clinici sull’Hiv alla Yale School of Medicine.
Intanto, nel corso del meeting scientifico sono stati presentati anche dati che tranquillizzano sulla lunga efficacia nel tempo dei trattamenti antiretrovirali. In particolare, due studi di fase III (Studio 1489 e Studio 1490) che hanno mostrato i dati a cinque anni del trattamento con bictegravir/emtricitabina/tenofovir alafenamide. In entrambe le sperimentazioni, il 98% dei partecipanti ha ottenuto e mantenuto una carica virale non rilevabile per tutti e cinque gli anni di follow-up. Nel corso dei anni dell’analisi, inoltre, sono stati rilevati zero casi di fallimento terapeutico dovuto a resistenza.