Malattie infiammatorie intestinali: sospetti sugli antibiotici

Lo studio

Malattie infiammatorie intestinali: sospetti sugli antibiotici

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Immagine: NIAID, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Uno studio mostra che, quando morbo di Crohn e colite ulcerosa insorgono da adulti, gli antibiotici potrebbero giocare un ruolo: più cicli si fanno, più aumenta il rischio

Quando una malattia infiammatoria intestinale, come il morbo di Crohn o la colite ulcerosa, insorge da giovani, la responsabilità viene per lo più attribuita ai geni. Quando invece la diagnosi arriva in tarda età è più probabile che la colpa sia dell’ambiente.  Un gruppo di ricercatori della NYU Grossman School of Medicine si è chiesto quale potesse essere la causa ambientale dell’aumento dei casi di malattie infiammatorie intestinali nella popolazione over 60 osservato negli ultimi anni. Il dito è puntato contro gli antibiotici. Più se ne prendono, più aumenta il rischio di sviluppare malattia di Crohn o colite ulcerosa. 

«Negli anziani, pensiamo che i fattori ambientali siano più importanti della genetica. Quando si osservano i pazienti più giovani con nuove diagnosi di morbo di Crohn e colite ulcerosa, c'è generalmente una forte storia familiare. Ma non è il caso degli anziani, quindi è davvero qualcosa nell'ambiente che sta innescando la malattia», ha commentato ha Adam S. Faye, a capo dello studio e assistente professore di medicina e salute della popolazione presso la NYU Grossman School of Medicine. 

I ricercatori hanno utilizzato le informazioni contenute nel database nazionale della Danimarca che include i dati sulla salute di tutta la popolazione. Sono state passate in rassegna tutte le prescrizioni di farmaci effettuate tra il 2000 e il 2018 alle persone dai 60 anni in su a cui era stata recentemente diagnosticata una malattia infiammatoria intestinale. L’attenzione si è però concentrata sulle ricette di antibiotici e tra i dati di interesse per lo studio c’era la classe di antibiotici, il numero dei cicli di terapia prescritti e la vicinanza della prescrizione alla diagnosi della patologia intestinale. 

Dallo studio è emerso che qualsiasi uso di antibiotici era associato a tassi più elevati di malattie infiammatorie intestinali e il rischio aumentava sostanzialmente ad ogni ciclo aggiuntivo. 

Dopo una prescrizione di antibiotici, i pazienti avevano il 27 per cento in più di probabilità di ricevere una diagnosi di malattia infiammatoria intestinale rispetto a chi non aveva usato antibiotici.  Con due cicli, il rischio aumentava del 55 per cento e con tre del 67 per cento. Con quattro cicli di terapia antibiotica, il rischio di sviluppare una malattia infiammatoria intestinale aumentava del 96 per cento e con cinque o più, gli anziani avevano una probabilità maggiore più di 2,3 volte di ricevere una nuova diagnosi di malattia infiammatoria intestinale rispetto al gruppo senza antibiotici. 

La probabilità di nuove diagnosi aumentava quando gli antibiotici erano stati prescritti da uno a due anni prima, ma il rischio restava elevato anche per le prescrizioni risalenti a due, cinque anni prima della diagnosi. L’associazione è stata osservata per tutti i tipi di antibiotici, ad eccezione della nitrofurantoina, che è comunemente prescritta per le infezioni del tratto urinario. Gli antibiotici solitamente prescritti per le infezioni gastrointestinali avevano maggiori probabilità di venire associati a una nuova diagnosi di malattia infiammatoria intestinale.

«La gestione degli antibiotici è importante, ma anche evitare gli antibiotici a tutti i costi non è la risposta giusta. Quando non si è sicuri di  di cosa si sta trattando, sarei cauto. Se i pazienti arrivano con infezioni evidenti e hanno bisogno di antibiotici, non dovrebbero venirgli rifiutati a causa di questi risultati», ha dichiarato Faye.

Lo studio sarà presentato nel corso della Digestive Disease Week (San Diego, 21-24 maggio).