Ortopedici e traumatologi: oggi la sfida sono gli over 65. Triplicati i traumi da sport. Vanno curati come i giovani
C’è una nuova categoria di pazienti che sta tenendo impegnati i reparti di ortopedia degli ospedali: gli sportivi over 65. Sono tanti, sempre di più. E questo è un bene. Perché l’attività fisica allontana il rischio di molte malattie, ma, allo stesso, aumenta quello delle fratture o dei traumi muscolari. È vero che ancora, tra 65 e 75 anni la frattura più frequente è quella del polso (100-130 uomini e 300-400 donne ogni 100.000 per anno) mentre oltre tale età prevale quella del femore, seguita dall’omero. Ma da qualche anno stanno aumentando quei tipi di fratture, specie articolari, che un tempo erano quasi esclusive dei giovani: in particolare il ginocchio, la caviglia ed il gomito. Che sono tipiche dell’attività sportiva. Infatti ne sono causa l’andare in bicicletta o in moto, sport come il tennis o il trekking, lo sci ma a volte addirittura paracadutismo, parapendio o kite surf. E se gli anziani si fanno male esattamente come i giovani, perché trattarli diversamente?
È i corso una rivoluzione nell’ortopedia. Chi ha 65, 70 o più anni verrà trattato in tutti gli ospedali italiani con le tecniche finora riservate ai giovani, che consentono una guarigione più rapida. Gli ortopedici e traumatologi ospedalieri italiani (Otodi) riuniti nel loro congresso annuale, il Trauma Meeting, al via oggi a Riccione, si stanno confrontando per decidere metodi e protocolli condivisi per i diversi tipi di trauma, ne nascerà un documento ufficiale.
«Oggi, una frattura, anche per gli over 65 e anche ben più in là è un evento spiacevole da superare in fretta per tornare efficienti come prima. Per questo oggi è diventato anacronistico trattare le fratture e i traumi delle persone di 70 o 75 anni con i metodi finora in uso per gli anziani: cioè apparecchio gessato, immobilità prolungata che causavano rigidità articolari ed esiti poco soddisfacenti. Ormai a questa età oggi la gente ha mille impegni, viaggia, fa sport, spesso lavora, e quindi ha bisogno di guarire senza perdere tempo e recuperare tutta la propria efficienza fisica. Nei nostri reparti i pazienti di questo tipo sono la maggioranza. Quindi abbiamo deciso di modificare il nostro approccio terapeutico ai pazienti della cosiddetta terza età. Bisogna solo adattare le tecniche, che sono essenzialmente chirurgiche, a questi soggetti tenendo presente le loro capacità biologiche e il patrimonio osseo di cui dispongono: cioè le loro condizioni di salute generale e quelle delle loro ossa, che con l’età si indeboliscono», spiega Pietro De Biase, presidente del congresso insieme a Marco Mugnaini, Paolo Esopi, Andrea Micaglio.
I nuovi protocolli prevedono l’uso di viti e piastre studiate per migliorare la stabilità e altri accorgimenti tecnologici.
«Tra breve disporremo di una metodologia condivisa per tutti i tipi di fratture e traumi più frequenti: un documento ufficiale da cui auspicabilmente nasceranno linee guida per il trattamento dei traumi negli over 65», commenta De Biase.
Perciò, concludono gli specialisti di OTODI, basta con lunghe degenze e recuperi lenti, spesso parziali. Le cure devono sempre mirare a una ripresa completa e il più rapida possibile, che consenta il pieno ritorno alla vita attiva. A qualunque età.