La realtà aumentata per ridurre le radiazioni della Tac

Lo studio

La realtà aumentata per ridurre le radiazioni della Tac

di redazione

Una lesione ossea riprodotta in maniera artificiale e posizionata, virtualmente, all’interno del corpo del paziente per guidare con grande precisione la mano del medico impegnato nella biopsia. È la medicina del futuro sperimentata all'ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano dall’équipe di Luca Maria Sconfienza, responsabile dell’Unità di Radiologia diagnostica e interventistica e professore di Diagnostica per immagini e radioterapia all’Università Statale di Milano, che ha condotto uno studio pilota che ha coinvolto otto pazienti. Lo studio è pubblicato sulla rivista European Radiology Experimental.

L’esame bioptico dell’osso, per la sua realizzazione, necessita di Tac sequenziali, ovvero di scansioni in serie che permettono all’operatore di individuare il punto corretto in cui posizionare l’ago per il prelievo del campione di tessuto. Il paziente riceve quindi una considerevole dose di radiazioni durante il lento e progressivo processo necessario all’identificazione della sede adeguata per procedere alla biopsia.

Lo studio, che vede come primo autore Domenico Albano che ha eseguito le procedure, ha preso in esame una nuova modalità, la realtà aumentata appunto, per praticare l’esame bioptico, senza la necessità di sottoporre il paziente a diverse scansioni successive, quindi a Tac multiple, limitando così la dose di radiazioni.

Per rendere possibile questa applicazione, prima di eseguire la prima scansione Tac, alcuni marcatori radiopachi vengono applicati attorno alla lesione da trattare. Un marcatore viene anche posizionato sull’ago che viene utilizzato per la biopsia. Una volta acquisito il volume del corpo del paziente attraverso la Tac e identificata la lesione, un software specifico tramite una telecamera riconosce i marcatori cutanei, dotati di QR Code e li accoppia con quelli identificati sulla Tac. Questo permette di costruire un modello tridimensionale di realtà aumentata che consente all’operatore di “navigare” (virtualmente) e di visualizzare la lesione e il percorso dell’ago in tempo reale all’interno del corpo del paziente. Tutto viene integrato con un visore ottico indossato dall’operatore, che rende la procedura più immersiva e realistica. Durante lo studio è stato dimostrato come si sia riusciti a ridurre il numero di scansioni Tac (e quindi la dose di radiazioni) di oltre il 50 per cento.

«Questa tecnologia, che si è rivelata sicura ed efficiente, ci permette di vedere, virtualmente, attraverso il paziente e di eseguire la procedura senza il supporto di Tac sequenziali, con un evidente vantaggio, poiché si riduce significativamente la dose di radiazioni» commenta Sconfienza.