Sindrome di Vexas, la malattia che fino a due anni fa non c'era
Fino a poco tempo fa non esistevano, ma ora cominciano a essere visibili, riconoscibili e quantificabili.
Negli Stati Uniti ci sono 13.200 uomini e 2.300 donne con la diagnosi di “sindrome Vexas”, una malattia auto-infiammatoria rimasta sconosciuta fino al 2020 quando vennero scoperte le sue basi genetiche. I ricercatori della Grossman School of Medicine della New York University hanno per la prima volta stimato la prevalenza della nuova sindrome negli Stati Uniti, scoprendo che è più diffusa di quanto si pensasse. I risultati dell’indagine epidemiologica sono stati pubblicati sul Journal of the American Medical Association (JAMA).
La sindrome di Vexas ha alcune caratteristiche in comune con le malattie reumatologiche e altre con le malattie ematologiche.
È caratterizzata da una infiammazione sistemica che coinvolge la cute, i polmoni, i vasi sanguigni e la cartilagine.
Alcuni dei sintomi, come la febbre ingiustificata o l’anemia, possono essere associati a una iperattività del sistema immunitario che può causare infiammazione e che induce a inserire la sindrome nella lista delle malattie autoimmuni, tanto da usare come trattamenti gli stessi farmaci utilizzati nelle malattie autoimmuni, come il cortisone e i Jak inibitori.
Nei casi più gravi si arriva a proporre il trapianto di midollo osseo.
«Ora che sappiamo che la sindrome Vexas è più diffusa di molti altri tipi di condizioni reumatologiche, i medici devono aggiungere questa condizione al loro elenco di potenziali diagnosi quando si trovano di fronte pazienti con infiammazione persistente e inspiegabile e una bassa quantità di globuli rossi, o anemia», afferma David Beck, genetista e ricercatore principale dello studio.
I ricercatori hanno analizzato i dati di 163mila volontari estratti dagli archivi sanitari digitali della Pennsylvania che hanno accettato di sottoporsi a un’analisi del Dna per la ricerca di malattie genetiche. Tutte e 12 le persone in cui è stata individuata la mutazione UBA1 avevano i sintomi della sindrome Vexas. Il dato tradotto in termini statistici equivale a una persona ogni 4.269 uomini e una persona ogni 26mila donne, una prevalenza superiore a quella di altre malattie infiammatorie come vasculite e sindrome da displasia mieloide.
Ricerche precedenti, guidate dallo stesso Beck, hanno attribuito l’ origine della sindrome a una mutazione nel gene UBA1 (abbreviazione di ubiquitin-like activating enzima 1).
L’acronimo VEXAS racchiude alcune sue caratteristiche biologiche: autoinfiammatoria somatica legata all'X con vacuoli e interessamento dell'enzima E1. La malattia è grave e progressiva e può portare anche alla morte, soprattutto negli uomini.
La ricerca sulla sindrome di Vexas non si ferma. Gli scienziati hanno intenzione di analizzare le cartelle cliniche dei pazienti in gruppi etnici più diversificati, in particolare tra quelli con tassi più elevati di malattie reumatologiche e del sangue, per ottenere un quadro più preciso delle persone maggiormente a rischio di sviluppare la malattia. La ricerca prosegue anche sul fronte genetico con l’obiettivo di individuare terapie bersaglio e mettere a punto un test diagnostico che consista in un semplice esame del sangue per riconoscere la mutazione UBA1.