Si chiama OrganOx ed è il dispositivo che promette di rivoluzionare il sistema di conservazione degli organi destinati al trapianto. L’attrezzatura tradizionale usata finora dai chirurghi è nota anche ai non esperti: un contenitore refrigerato che rallenta il processo di deterioramento. Il nuovo macchinario funziona invece all’opposto: mantiene l’organo in vita in un ambiente simile a quello del corpo umano con temperatura a 37° e un sistema artificiale di circolazione sanguigna che permette l’ossigenazione.
Un fegato conservato in un apparecchio di questo tipo, per intenderci, continua a lavorare come farebbe all’interno del corpo umano, producendo la bile e metabolizzando il glucosio.
I risultati di uno studio appena pubblicato su Nature dimostrano che la nuova tecnologia “a caldo” messa a punto dai ricercatori dell’Università di Oxford è più efficace di quella “a freddo”.
La macchina che mantiene in vita gli organi permette, infatti, di conservali meglio e più a lungo rispetto ai contenitori che rallentano il processo di morte.
Inoltre, gli organi conservati nella OrganOx hanno maggiori probabilità di venire accettati dai chirurghi che devono eseguire il trapianto.
Lo studio, finanziato dalla Commissione europea, ha raccolto i dati di 220 trapianti di fegato effettuati in diversi centri tra Germania, Regno Unito, Belgio e Spagna. Gli organi compatibili con i riceventi in lista d’attesa sono stati trasportati usando in modo casuale i due sistemi, quello tradizionale con il ghiaccio e quello nuovo che mantiene l’ambiente alla temperatura normale del corpo.
I ricercatori hanno valutato il grado di danneggiamento degli organi misurando i valori di un enzima rilasciato nel sangue quando le cellule del fegato muoiono. Trovando che gli organi mantenuti al caldo erano in condizioni migliori di quelli conservati al freddo. Tanto che nel primo caso ne sono stati scartati 16 e impiantati con successo 121, mentre nel secondo ne sono stati rifiutati 32 e trapiantati 101.
A cosa si deve questa differenza? Gli organi conservati alla nuova maniera restano in funzione e possono mostrare ai chirurghi come si comporterebbero all’interno di un corpo umano.
La nuova tecnologia potrebbe anche consentire ai chirurghi di intervenire sull’organo per eliminare il grasso in eccesso o per somministrare elevate dosi di antibiotici prima che il fegato venga inserito nell’addome del paziente.
Lo studio che ha dimostrato l’efficacia del nuovo apparecchio per la conservazione degli organi arriva a poche settimane di distanza dall’approvazione di un dispositivo simile per il trasporto dei polmoni da parte della Food and Drug Administration. I due episodi potrebbero inaugurare un nuovo corso nella conservazione e trasporto dei trapianti.
Anche se c’è chi invita all prudenza. «L’inserimento di una tecnologia come questa cambia davvero il modo in cui vengono procurati gli organi, come vengono gestiti, come vengono trapiantati - ha affermato David Klassen, responsabile medico della United Network for Organ Sharing, l’ente che coordina i trapianti negli Stati Uniti - È necessaria una adeguata formazione, e ci sono costi maggiori. Le decisioni di questo tipo di conseguenze non possono essere prese sulla base di un singolo trial clinico».
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