Trapianto di cuore: un nuovo test del sangue individua i segnali di rigetto prima e meglio della biopsia
Uno studio su Circulation dimostra i vantaggi di un nuovo test del sangue in confronto alla biopsia tradizionale nel rilevare i segnali di rigetto dopo un trapianto di cuore. I campanelli di allarme vengono riconosciuti anche tre mesi in anticipo rispetto alla procedura tradizionale
Il rigetto è l’evento più temuto dopo il trapianto di un organo. Può accadere nei mesi successivi all’intervento ed essere fatale, individuarlo precocemente è fondamentale per salvare la vita dei pazienti. Un gruppo di ricercatori del National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) ha messo a punto un test del sangue in grado di riconoscere i primi segnali del rigetto in un trapianto di cuore in anticipo e in maniera più affidabile rispetto alla biopsia tradizionale. Secondo gli autori dello studio questo esame poco invasivo potrebbe eliminare l’80 per cento delle biopsie sul cuore attualmente usate per valutare la reazione dell’organismo ricevente nei confronti del nuovo organo.
I risultati dello studio sono stati pubblicati su Circulation.
L’esame, che rientra nella categoria di analisi chiamate “biopsie liquide”, è in grado di rintracciare i marcatori del Dna dell’organo del donatore nel sangue del ricevente. La presenza di questi marcatori, rilevabile con apparecchiature specializzate, è indicativa della salute dell’organo trapiantato. Dato che le cellule danneggiate dall'organo del donatore rilasciano molti frammenti di Dna nel flusso sanguigno del ricevente rispetto alle cellule sane, quantità maggiori di Dna del donatore indicano un rischio più elevato di rigetto.
La biopsia liquida rappresenta un notevole progresso rispetto alla procedura tradizionale che consiste nel prelievo e nell’analisi di parti del tessuto dell’organo trapiantato. Queste indagini sono infatti dolorose e rischiose e non possono essere effettuate frequentemente. L’esame del sangue invece consente un monitoraggio costante dell’esito del trapianto prolungato nel tempo.
I ricercatori hanno coinvolto 171 persone che erano state recentemente sottoposte a un trapianto di cuore e hanno monitorato i pazienti per individuare segni di rigetto acuto per quasi 18 mesi utilizzando sia la biopsia endomiocardica tradizionale (tessuto cardiaco) che il nuovo esame del sangue. Ebbene, l’analisi del sangue ha funzionato meglio della biopsia tissutale, rilevando quantità maggiori di marcatori di rigetto e segnali di rischio. Il test del sangue si è rivelato più affidabile anche nel riconoscimento di altri tipi di lesioni da trapianto che non sono emersi con la biopsia, tra cui il cosiddetto rigetto mediato da anticorpi, una delle forme più letali di rigetto e la più difficile da trattare e da diagnosticare. Il nuovo test può rilevare il rigetto già 28 giorni dopo il trapianto di cuore e almeno tre mesi prima della comparsa dei segnali riconosciuti dalla biopsia tradizionale con prelievo del tessuto cardiaco.
«C’è un urgente bisogno di un metodo alternativo per monitorare i pazienti per il rigetto acuto del trapianto di cuore. Abbiamo dimostrato nella nostra valutazione iniziale che questa "biopsia liquida” è altamente sensibile nell’individuazione del rigetto acuto, riconoscendolo settimane o mesi prima rispetto agli attuali strumenti clinici. Questo potrebbe potenzialmente salvare vite umane sulla sfondo di una grave carenza di organi donatori», ha detto Hannah Valantine, autore senior dello studio.
Il test del sangue ha anche il vantaggio, particolarmente sentito in questo periodo di pandemia, di evitare il ricovero ospedaliero. I pazienti possono infatti eseguire il prelievo in un qualunque centro di analisi senza gravare sugli ospedali impegnati nell’emergenza Covid e tenendosi lontani da ambienti a rischio di contagio.