Tumore dell'ovaio, in Italia ogni anno scoperti 4.800 nuovi casi in fase avanzata

La Campagna

Tumore dell'ovaio, in Italia ogni anno scoperti 4.800 nuovi casi in fase avanzata

di redazione

In Italia otto volte su dieci il tumore ovarico viene diagnosticato tardi. Sono, infatti, oltre 4.800 le nuove diagnosi l’anno individuate con la malattia già in fase avanzata. 

Questo accade perché, come spiega Nicoletta Colombo, direttrice della Ginecologia oncologica medica dell’Ieo e professoressa di Ostetricia e ginecologia all’Università di Milano-Bicocca, è un tumore che ha «una sintomatologia aspecifica e tardiva» e per la «totale mancanza di programmi di screening». Con la conseguenza che spesso è troppo tardi e la malattia provoca ogni anno più di 3.200 decessi.

Da qui il duplice appello lanciato mercoledì 27 marzo durante una tavola rotonda a Roma dall’Ovarian Cancer Commitment (OCC): aumentare la consapevolezza tra le donne attraverso opportune campagne informative e favorire per tutte le pazienti l’accesso ai test per biomarcatori predittivi e alle cure innovative. Come quella il cui titolo è “Hai due minuti?” che ha l’obiettivo di sensibilizzare sul tema della prevenzione. “La nostra azienda è orgogliosa di supportate un progetto di valore come questo che si propone di informare la popolazione femminile su una neoplasia che presenta ancora una diagnosi complessa – conclude Alessandra Dorigo, Head of Oncology di AstraZeneca Italia -. Al tempo stesso con Ovarian Cancer Commitment abbiamo avviato una collaborazione con i vari attori del sistema salute con l’obiettivo di migliorare la diagnosi e il trattamento del tumore ovarico. I progressi della ricerca scientifica e della pratica clinica negli ultimi anni hanno prodotto grandi risultati. L’impegno comune deve essere quello di rendere più accessibili queste innovazioni affinché non rimangano ad appannaggio di poche pazienti”.

«Nonostante le difficoltà nell’ottenere diagnosi precoci – sottolinea infatti Colombo -non sono mancati negli ultimi anni importanti innovazioni terapeutiche. In particolare, l’oncologia di precisione sta portando grandi benefici in termini di sopravvivenza».

Il carcinoma ovarico «si caratterizza da notevoli deficit genetici che alterano i meccanismi di riparazione dei danni del Dna» rileva Sandro Pignata, direttore della Divisione di Oncologia medica all'Istituto tumori “Pascale”! di Napoli. Da alcuni anni, tuttavia, è disponibile il test HRD, prosegue Pignata, «in grado di rilevare quando non funziona il meccanismo della ricombinazione omologa o Homologus Recombination Deficiency. Si tratta di un “sistema di correzione” che se smette di operare induce il Dna a generare nuovi errori. Sono queste, infatti, le principali caratteristiche biologiche del tumore ovarico. L’esecuzione del test HRD permette quindi di adattare le cure a ogni singola paziente e consente ai clinici di proporre strategie di sorveglianza o di riduzione del rischio». L’esecuzione del test richiede però piattaforme tecnologiche e software attualmente presenti solo in pochi Centri altamente specializzati e «al momento – sottolinea l'oncologo - il processo di tariffazione e rimborsabilità del test non è sempre chiaro e omogeno per tutte le Regioni».

Non solo: «Tutte le pazienti con carcinoma ovarico hanno il diritto di essere assistite in centri oncologici specializzati nel trattare una malattia molto complessa» dice Anna Fagotti, professore di Ostetricia e ginecologia alla Cattolica di Roma, direttrice dell'Unità del Gemelli e presidente dell'European Society of Gynaecological Oncology (ESGO). Perciò, sostiene Fagotti, sarebbe necessario adottare «in tempi brevi» i criteri e gli standard di selezione dei Centri di riferimento all’interno delle reti oncologiche regionali. «Su tutto il territorio nazionale – precisa - servono linee guida omogenee che rispettino alcuni criteri e standard essenziali, in tutto dieci, che sono stati stabiliti di recente dall’European Society of Gynaecological Oncology e prevedono, tra gli altri, la presenza di un chirurgo specializzato, un volume di soglia di almeno venti interventi annui, la presenza di team multidisciplinari e l’accesso ai trial clinici».

La malattia comporta ancora «bisogni insoddisfatti per la maggioranza dei pazienti» commenta Nicoletta Cerana, presidente di Alleanza contro il tumore ovarico (Acto Italia Ets). «L’innovazione terapeutica sta migliorando le prospettive delle donne interessate dal tumore ovarico – aggiunge - ma bisogna prestare maggiore attenzione al livello di assistenza socio-sanitara e alla qualità di vita durante e dopo le terapie».

AstraZeneca «è orgogliosa di supportate un progetto di valore» come la Campagna “Hai due minuti?” «che si propone di informare la popolazione femminile su una neoplasia che presenta ancora una diagnosi complessa» dice Alessandra Dorigo, Head of Oncology di AstraZeneca Italia. «Al tempo stesso – aggiunge - con Ovarian Cancer Commitment abbiamo avviato una collaborazione con i vari attori del sistema salute con l’obiettivo di migliorare la diagnosi e il trattamento del tumore ovarico. I progressi della ricerca scientifica e della pratica clinica negli ultimi anni hanno prodotto grandi risultati. L’impegno comune – auspica infine Dorigo - deve essere quello di rendere più accessibili queste innovazioni affinché non rimangano appannaggio di poche pazienti».