Tumore della prostata, 40.500 diagnosi nel 2022: +16% in cinque anni

Il convegno

Tumore della prostata, 40.500 diagnosi nel 2022: +16% in cinque anni

di redazione

Nel 2022 i nuovi casi di tumore della prostata sono stati 40.500 mentre erano 34.800 nel 2017. Un aumento del 16% in soli cinque anni che preoccupa gli specialisti dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), riuniti venerdì 10 marzo a Bari per il Convegno nazionale “News in GU Oncology” dedicato alle neoplasie genito-urinarie.

Le cause di questo aumento «sono molteplici – osserva Saverio Cinieri, presidente nazionale Aiom - e contribuisce il continuo invecchiamento generale della popolazione. Infatti le proiezioni, elaborate dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, confermano che i casi continueranno ad aumentare fino almeno al 2040. Ci sono poi le conseguenze nefaste del Covid che, proprio in questi giorni di ormai tre anni fa, ha bloccato il normale funzionamento della nostra sanità. Quindi le visite specialistiche, gli esami diagnostici e altri controlli medici sono stati rinviati per molti mesi. Oltre la prevenzione secondaria è stata in parte compromessa anche quella primaria visto il peggioramento degli stili di vita degli italiani costretti ai lockdown».

«In totale nel nostro Paese le forme di cancro che coinvolgono gli organi dell’apparato urinario e genitale rappresentano oltre il 20% di tutte le nuove diagnosi» ricorda Tiziana Latiano, coordinatrice regionale Aiom Puglia. «I tassi di guarigione completa sono incrementati - aggiunge - grazie a nuove terapie personalizzate e all’aumento delle diagnosi precoci. Oltre l’80% degli uomini e delle donne colpiti da neoplasia urologica è riuscito a sconfiggerla. Il caso più evidente di questa positiva evoluzione è senza dubbio il tumore del rene dove la sopravvivenza è in continuo aumento. Negli anni Duemila, rispetto agli anni Novanta si è registrato un incremento assoluto di 25 e 11 punti percentuali negli USA e in Italia».

Dagli Stati Uniti, dove a San Francisco si è svolto l'ASCO Genitourinary Cancer Symposium a fine gennaio, arrivano nuove conferme sull’intelligenza artificiale multimodale e al Convegno sono stati illustrati i dati di uno studio pubblicato di recente sul Journal of Clinical Oncology.

«Queste nuove tecnologie – spiega Camillo Porta, professore di Oncologia medica all’Università Aldo Moro di Bari - sono utilizzate per sviluppare nuovi biomarcatori. Attingendo sia ai dati clinici che all’imaging istopatologico digitale si ottengono informazioni prognostiche più dettagliate e anche una serie di parametri predittivi sulle possibili risposte ad alcuni trattamenti. In altre parole possiamo favorire la medicina oncologica personalizzata e prevedere se alcune terapie mirate sono efficaci, o meno, sul singolo caso». Quello americano è uno studio di fattibilità cha coinvolto oltre mille uomini con carcinoma prostatico localizzato ad alto rischio. I primi dati sono interessanti, ma andranno confermati coinvolgendo altri gruppi di pazienti. I biomarcatori, creati grazie all’intelligenza artificiale, non sono però ancora utilizzabili nella pratica clinica quotidiana sia in Europa sia negli Stati Uniti. «Il ricorso all’intelligenza artificiale è emblematico dell’importanza dell’innovazione in oncologia» sottolinea Cinieri e «teoricamente entro pochi anni potremmo essere in grado di identificare le migliori terapie tra tutte quelle disponibili».

Le evidenze scientifiche presentate al congresso ASCO di San Francisco, inoltre, «aprono novità interessanti sull’utilizzo di terapie ormonali – racconta Marcello Tucci, direttore dell’Oncologia dell’ospedale Cardinal Massaia di Asti - sia per la malattia ormono-sensibile che per quella resistente alla castrazione. Stiamo “raffinando” le cure utilizzabili sempre in un’ottica di una maggiore personalizzazione dei trattamenti. È una tendenza che è in corso da almeno vent’anni e che ci ha consentito di arrivare a oltre il 90% di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi».