Tumore della prostata metastatico, in Italia oltre 7 mila nuove diagnosi ogni anno

Congresso della Società di uro-oncologia

Tumore della prostata metastatico, in Italia oltre 7 mila nuove diagnosi ogni anno

di redazione

Ogni anno in Italia più di 7 mila uomini si sentono diagnosticare una forma grave di carcinoma della prostata. Di questi, il 10-12 per cento presenta una mutazione dei geni BRCA, in particolare del BRCA 2, la cui individuazione permetterebbe.al team multidisciplinare che assiste il malato di selezionare la terapia migliore da proporgli. Non solo: in circa la metà dei casi la positività alla mutazione risulta di tipo eredo-familiare e ciò consentirebbe di programmare accertamenti diagnostici nei parenti più stretti in modo da attivare eventuali trattamenti in fase precoce o l’avvio di appropriati programmi di controllo. Il problema, però, è che oggi nel nostro Paese non c'è ancora un numero sufficiente di laboratori certificati in grado di eseguire tempestivamente i test.

A spiegarlo sono gli specialisti della Siuro, la Società italiana di urologia oncologica, riuniti in questi giorni a Firenze nel loro Congresso nazionale.

Per Alberto Lapini, presidente nazionale uscente della Siuro, bisognerebbe «proporre l’esecuzione del test BRCA a tutti i pazienti con carcinoma prostatico metastatico per valutare la possibilità di utilizzare, quando indicato, una terapia individualizzata. Se l’alterazione genetica riscontrata è di tipo germinale vi è una discreta probabilità che il gene sia presente anche in altri componenti del nucleo familiare» e la sua ricerca può consentire di individuare non solo altri casi di tumore della prostata «ma anche del seno, dell’ovaio o del pancreas».

I limiti attuali alla medicina di precisione «non sono scientifici - sostiene Sergio Bracarda, nuovo presidente nazionale Siuro da giovedì 5 ottobre --ma soprattutto di natura burocratica e amministrativa» poiché i laboratori che svolgono questi esami non sono presenti in maniera uniforme sull’intero territorio nazionale. Eppure i test genetici «sono già importanti – aggiunge Bracarda - e lo saranno sempre di più nel contrasto dei tumori genito-urinari, come è stato dimostrato anche in altre neoplasie».

Nel tumore della vescica, infatti, «stiamo iniziando a valutare possibili target di sottogruppi di pazienti sui quali potrebbero funzionare o meno nuove cure farmacologiche» interviene Renzo Colombo, vicepresidente della Società scientifica. Per il carcinoma renale, però, «siamo ancora lontani da poter parlare di medicina di precisione – prosegue - ma comunque i tassi di sopravvivenza sono in netto miglioramento. Più in generale i pazienti con neoplasia urologica oggi possono giovarsi di numerose opzioni terapeutiche in grado di migliorare non solo la sopravvivenza ma anche la qualità della vita».

I tumori di prostata, rene, testicolo e vescica rappresentano un quinto di tutti i tumori registrati nel nostro Paese: «Tutte neoplasie che nelle forme iniziali possono essere trattate chirurgicamente con le nuove tecnologie robotiche» spiega Giario Conti, segretario nazionale Siuro, con risultati «sovrapponibili a quelli classici, detti anche a “cielo aperto”», ma con meno effetti collaterali e minore invalidità post-operatoria.

Analoga evoluzione si sta verificando per la radioterapia oncologica, con innovazioni tecnologiche «molto importanti – sottolinea Rolando D’Angelillo, professore di Radioterapia all’Università di Roma Tor Vergata - che stanno migliorando la qualità di vita dei pazienti» grazie anche a una diffusione maggiormente omogenea in tutta Italia.

Oggi «oltre l’80% dei nostri pazienti riesce a sconfiggere un tumore urologico – sottolinea ancora Bracarda - in particolare se di natura prostatica». Un risultato a cui altre forme di neoplasie non sono ancora arrivate, ottenuto per diverse ragioni come, per esempio, il fatto di essere forme di cancro che nella maggioranza dei casi vengono diagnosticate in fase precoce. E grazie anche alla gestione multidisciplinare del malato. «Più specialisti si uniscono – spiega infine Lapini - per trovare insieme al paziente un percorso di cura personalizzato ed efficace. Oncologi medici, radioterapisti, anatomo-patologi, urologi e altri professionisti devono lavorare tutti insieme in un unico team».