Tumori femminili: in dieci anni aumentate del 34% le donne vive dopo la diagnosi

Aiom 2022

Tumori femminili: in dieci anni aumentate del 34% le donne vive dopo la diagnosi

di Roberto Amato

Da 1.433.058 nel 2010 a 1.922.086 nel 2020:in dieci anni, nel nostro Paese le donne vive dopo una diagnosi di tumore sono aumentate del 34 per cento. Trattamenti sempre più efficaci permettono di vivere più a lungo e alle terapie si accompagnano i programmi di screening, che soprattutto nel carcinoma della mammella stanno evidenziando risultati importanti: in sei anni, tra il 2015 e il 2021, tra le donne del nostro Paese, la mortalità per questa neoplasia è diminuita di quasi il 7%. I passi avanti dell’innovazione terapeutica sono evidenti anche nel cancro dell’ovaio, dove non vi sono programmi di prevenzione secondaria disponibili, ma le morti sono calate del 9 per cento. Servono però campagne mirate per tumori che stanno diventando sempre più femminili perché strettamente legati al fumo di sigaretta, come quelli della vescica e del polmone, che hanno fatto registrare un netto incremento dei decessi (+5,6% e +5%).

Delle neoplasie femminili si è parlato domenica 2 ottobre in conferenza stampa al Congresso nazionale Aiom, l'Associazione italiana di oncologia medica, in corso a Roma.

«La ricerca sta ridefinendo il trattamento per circa metà delle pazienti colpite da carcinoma mammario – osserva Saverio Cinieri, presidente Aiom – cioè quelle con bassi livelli di espressione della proteina HER2», ma «ora è fondamentale sensibilizzare le donne, portarle a conoscenza di queste patologie e degli screening».

Nello scorso luglio Aiom lanciato la campagna “Neoplasiadonna”, ricorda Cinieri, «proprio con l’intento di informare ed educare».

«Oggi abbiamo a disposizione nuove terapie mirate per il carcinoma ovarico, anche per donne con diagnosi in fase avanzata – sottolinea Domenica Lorusso, docente di Ostetricia e ginecologia e responsabile della programmazione della ricerca clinica del Gemelli di Roma – in grado di migliorare significativamente l’aspettativa di vita, riducendo rischio di progressione della malattia o morte». In Italia, oggi, quasi 50 mila donne vivono con una diagnosi di tumore dell’ovaio e il 70% delle pazienti con malattia in stadio avanzato va incontro a recidiva entro due anni. «Per loro – spiega Lorusso – abbiamo terapie di mantenimento in prima linea, in grado di ottenere remissioni a lungo termine. Sono molto importanti i dati aggiornati di due studi, PAOLA-1 e SOLO-1, presentati al recente Congresso europeo di oncologia medica l'ESMO, con due pazienti su tre vive, a cinque e sette anni, trattate con una terapia mirata, capostipite della classe dei PARP inibitori». Resta ovviamente importante la diagnosi precoce. «Uno dei problemi su cui dobbiamo concentrarci in questo momento – sottolinea l'esperta - sono le visite perse negli ultimi due anni a causa della pandemia. Temiamo che lo stop di questo biennio possa avere ripercussioni negative nell’immediato futuro. Le donne devono mettere in agenda una visita annuale dal ginecologo e se presentano fattori di rischio anche più spesso».

Oggi «grazie alla ricerca, un grande numero di neoplasie, caratterizzate un tempo da prognosi negative, può essere curato, come il tumore del polmone in fase avanzata» dice Rossana Berardi, docente di Oncologia all’Università Politecnica delle Marche e direttrice della Clinica oncologica degli Ospedali riuniti di Ancona. Per quelle che presentano situazioni più complesse, prosegue Berardi, che è membro del Direttivo nazionale Aiom, «è spesso possibile invece una cronicizzazione: significa offrire speranza alle donne, che non devono essere spaventate dalla possibilità di una diagnosi a seguito della visita. Prima si identifica la malattia, maggiori sono le possibilità di cura. La campagna “Neoplasiadonna” punta proprio in questa direzione».

Siamo orgogliosi di supportare la campagna “Neoplasiadonna”» interviene Mirko Merletti, vicepresidente Oncology AstraZeneca. «I grandi passi avanti compiuti dalla ricerca negli ultimi anni – conclude - ci permettono di sperare concretamente in cure e cronicizzazione per molte neoplasie femminili. In particolare, per seno e ovaio i risultati sono molto promettenti, con ottime possibilità anche per le pazienti con mutazioni genetiche BRCA1 e 2».