Il curioso effetto antidepressivo di una notte in bianco
Vigili, attivi, vivaci, di buon umore, quasi euforici. Come non succedeva da tempo. E non è la sensazione di un attimo, ma dura qualche giorno. Tutto merito dello strano, contro-intuitivo, effetto antidepressivo di una notte in bianco, una notte intera, ma solo se è una tantum, passata senza dormire.
Perché la privazione del sonno quando è acuta e, va specificato, non cronica, ossia limitata a un breve periodo di tempo come per l’appunto una nottata, ha un duplice impatto positivo sul cervello: provoca un aumento del rilascio di dopamina e potenzia la cosiddetta “plasticità sinaptica”, ossia la capacità del cervello di rimodellare se stesso. Così il tono dell’umore migliora per l’incremento della dopamina e si mantiene alto per qualche giorno grazie al “resettaggio” delle sinapsi.
A scanso di equivoci, i ricercatori della Northwestern University che per primi hanno descritto e spiegato l’effetto antidepressivo dell’insonnia acuta non invitano a fare nottata per uscire dalla depressione. Lo studio, pubblicato su Neuron, aiuta piuttosto a comprendere meglio come funzionano alcuni antidepressivi ad azione rapida (come la ketamina) e potrebbe suggerire nuovi bersagli contro cui indirizzare i futuri farmaci.
Per scoprire come il cervello reagisce a una singola notte passata senza dormire, gli scienziati hanno condotto una serie di esperimenti su topi con una predisposizione genetica associata a disturbi dell’umore negli esseri umani. Dopo una notte insonne, gli animali si mostravano più vivaci e sessualmente attivi rispetto ai topi del gruppo di controllo il cui sonno non era stato disturbato.
Ricorrendo a strumenti specifici, i ricercatori hanno misurato l’attività dei neuroni della dopamina, responsabili della risposta di ricompensa del cervello, scoprendo un’attività più elevata negli animali durante il breve periodo di perdita del sonno.
A quel punto gli scienziati restava da capire se le modifiche nel comportamento degli animali indotte dalla privazione acuta del sonno fossero responsabilità di aree specifiche del cervello o se nel cambiamento fosse coinvolto in generale l’intero cervello.
L’osservazione si è concentrata su quattro regioni del cervello responsabili del rilascio di dopamina: la corteccia prefrontale, il nucleo accumbens, l'ipotalamo e lo striato dorsale. Dopo aver monitorato queste aree per osservare il rilascio di dopamina in seguito a una perdita acuta di sonno, i ricercatori hanno scoperto che tre delle quattro aree (la corteccia prefrontale, il nucleo accumbens e l'ipotalamo) erano coinvolte.
Per avere risultati ancora più dettagliati e individuare con maggiore accuratezza le aree coinvolte, i ricercatori hanno sistematicamente messo a tacere le reazioni della dopamina nelle tre aree.
Ebbene, l’effetto antidepressivo scompariva solo quando la risposta della dopamina veniva silenziata nella corteccia prefrontale mediale.
«Ciò significa che la corteccia prefrontale è un’area clinicamente rilevante quando si ricercano bersagli terapeutici. Ma questa osservazione rafforza anche l’idea che si è sviluppata recentemente nel campo: i neuroni della dopamina svolgono ruoli molto importanti ma molto diversi nel cervello. Non sono una popolazione monolitica coinvolta semplicemente nelle ricompense», afferma Yevgenia Kozorovitskiy tra gli autori dello studio.
I ricercatori hanno osservato, inoltre, che l’effetto antidepressivo della notte in bianco durava qualche giorno e hanno ipotizzato che il fenomeno potesse dipendere da una aumentata plasticità sinaptica nella corteccia prefrontale. La conferma è arrivata dall’analisi dei singoli neuroni: i neuroni nella corteccia prefrontale formavano minuscoli “tentacoli” (spine dendritiche), protrusioni altamente plastiche che cambiano in risposta all’attività cerebrale, e intrecciavano nuove sinapsi, quando le sinapsi venivano distrutte, l’effetto antidepressivo svaniva.
I ricercatori avvertono: non è consigliabile passare notti insonni per rallegrare l’umore. «L’effetto antidepressivo è transitorio ed è invece nota l'importanza di una buona notte di sonno. Questa nuova conoscenza può essere utile per poter dare alle persone il giusto antidepressivo», conclude Kozorovitskiy.