La difficoltà a deglutire colpisce la metà degli anziani in ospedale

Il Congresso

La difficoltà a deglutire colpisce la metà degli anziani in ospedale

di redazione

La disfagia orofaringea è un sintomo molto frequente nell’anziano, legato sia all’età sia alla presenza di malattie neurologiche e muscolari. Si calcola che la prevalenza della disfagia orofaringea aumenti a circa il 50% o più nei soggetti anziani ospedalizzati o nelle Rsa, colpendo circa il 13% della popolazione generale dopo i 65 anni. Inoltre, si ritiene che circa una persona su 17 possa soffrirne prima o poi nel corso della vita. Nei pazienti affetti da ictus e malattie neurologiche cronico-degenerative come l'Alzheimer, il Parkinson, la demenza e la Sla, la disfagia può comparire in percentuali comprese tra il 20% e l'80% dei casi.

«Questa condizione clinica è in costante aumento, ha un elevato impatto sociale, sanitario ed economico – sottolinea Maurizio Muscaritoli, presidente della Società italiana di nutrizione clinica e metabolismo (Sinuc), in occasione del congresso nazionale (Roma, 4-6 ottobre) - ma è molto spesso sotto diagnosticata e sotto trattata».

La deglutizione del bolo alimentare è un atto involontario che avviene circa 150 volte nelle 24 ore, mentre la deglutizione della saliva si verifica ogni trenta secondi, durante la veglia, e ogni minuto nel sonno: vale a dire circa 1.600-2.000 volte nelle 24 ore. È un atto molto complesso, svolto da due sistemi che lavorano in sinergia: il sistema respiratorio e il tratto digestivo superiore composto da cavo orale, faringe ed esofago.

La difficoltà nel deglutire può̀ causare disagio, ansia, depressione e isolamento sociale e portare a malnutrizione, disidratazione e perdita di massa muscolare. Le complicanze, però, non si limitano a questo, perché una diminuzione della sicurezza della deglutizione nel garantire la chiusura delle vie respiratorie al passaggio di liquidi o solidi, con conseguente rischio di aspirazione tracheo-bronchiale, polmonite ab ingestis e morte evitabile.

«È importante che il paziente o chi lo assiste, sia esso un familiare o un sanitario, ponga attenzione ad alcuni campanelli d’allarme, che indicano il probabile e il potenziale rischio di passaggio di piccole quantità̀ di alimenti nelle vie aeree» avverte Paolo Orlandoni, direttore dell'Unità Nutrizione clinica all'Inrca di Ancona.«Per modificare la consistenza degli alimenti proposti e raggiungere la densità̀ più sicura per la deglutizione – aggiunge - si possono utilizzare additivi naturali o artificiali, come addensanti, diluenti e lubrificanti».

Nei casi in cui la sola alimentazione modificata non riesca a coprire i fabbisogni del paziente si può̀ ricorrere all’uso di supplementi nutrizionali orali. «È necessario un approccio integrato alla nutrizione nella Rsa, in particolare nel disfagico» sottolinea Samir Sukkar, specialista in Gastroenterologia e membro del Direttivo Sinuc: «Alimentarsi non è un’operazione meccanica e medicalizzata, ma un’azione complessa, ricca di significati e di valori culturali, emotivi, psicologici, simbolici, sensoriali. Per questo è importante cercare soluzioni che permettano all’ospite Rsa di continuare a provare il piacere del cibo, soprattutto quando questo è l’unico piacere che ha».