Dopo una certa età meglio male accompagnati che soli. L’isolamento sociale restringe il cervello

Il legame

Dopo una certa età meglio male accompagnati che soli. L’isolamento sociale restringe il cervello

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Immagine: Adam Jones from Kelowna, BC, Canada, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
C’è anche chi solo sta bene, ma il risultato non cambia. L’isolamento sociale di per sé, indipendentemente da come viene vissuto, provoca un restringimento del volume cerebrale che favorisce l’insorgere della demenza. Le aree più colpite sono infatti quelle associate alla memoria

Per molti anziani la socialità è ridotta al lumicino: brevi saluti di rito con i commercianti, saltuarie telefonate ai parenti, rapidi scambi di convenevoli con i vicini di casa. Poco altro. A qualcuno va bene così, non è detto che la solitudine venga sempre percepita come un male da combattere. Cambia poco: anche se non ci si sente soli, anche se non si avverte la mancanza di relazioni personali, anche se si è convinti davvero che è “meglio soli che male accompagnati” , l’isolamento sociale danneggia il cervello. Per la precisione, lo restringe. Le persone anziane con pochi contatti sociali hanno un volume cerebrale inferiore a quello dei coetanei con una vita sociale più ricca. In particolare il restringimento interessa l’area  del cervello colpita dalla demenza. Quindi da una certa età in poi la massima si inverte: meglio male accompagnati che soli. 

Lo studio, pubblicato su Neurology, ha coinvolto circa 9mila persone dall’età media di 73 anni che non soffrivano di alcuna forma di demenza. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a scansioni cerebrali con la risonanza magnetica e a un controllo generale delle condizioni di salute. 

Per valutare il livello di socialità, i ricercatori hanno rivolto una domanda chiave a ogni individuo: quanto spesso sei in contatto con parenti o amici che non vivono con te? Valevano come “contatti” tanto le telefonate quanto gli incontri di persona. Le risposte potevano variare tra “ogni giorno”, “molte volte a settimana”, “diverse volte al mese”, oppure “raramente”. 

Le persone con il minor numero di contatti sociali avevano un volume cerebrale complessivo significativamente inferiore rispetto a quelle con il maggior numero di contatti sociali.

Il volume intracranico, inclusi cervello, meningi e liquido cerebrospinale, era pari al 67,3 per cento del volume del cervello totale nel gruppo con il minimo numero di contatti sociali, mentre era pari al 67,8 per cento nel gruppo con il maggior numero di contatti sociali. 

«L’isolamento sociale è un problema in aumento tra gli anziani. I risultati dello studio suggeriscono che fornire sostegno alle persone per aiutarle ad avviare e mantenere relazioni con gli altri può essere utile per prevenire l'atrofia cerebrale e lo sviluppo della demenza», ha dichiarato  Toshiharu Ninomiya, della Kyushu University di Fukuoka, in Giappone, principale autore dello studio.

Dopo aver escluso altri fattori che avrebbero potuto influenzare il volume del cervello, come l'età, il diabete, il fumo e l’attività fisica, i ricercatori hanno notato che il restringimento del cervello associato all’isolamento era particolarmente evidente nelle aree coinvolte nella memoria come l'ippocampo e l’amigdala. La ridotta socialità, quindi, sembrerebbe aumentare il rischio di declino cognitivo e di sviluppare forme di demenza. 

Le persone socialmente isolate avevano anche un numero maggiore di lesioni nella sostanza bianca, rispetto alle persone con frequenti contatti sociali. Un dato che confermerebbe ulteriormente l’impatto della solitudine sulle malattie neurodegenerative. I danni della sostanza bianca sono infatti considerati un elemento cruciale nella patogenesi dell’Alzheimer. 

Un risultato importante dello studio consiste nell’aver dimostrato l’impatto specifico dell’isolamento sociale sul cervello, indipendentemente da come le persone vivano la loro solitudine. 

Secondo i ricercatori, infatti, la depressione legata al sentirsi soli incide solo in piccola misura sulle dimensioni del cervello. 

«Sebbene questo studio evidenzi un’associazione nel tempo e non determini che l'isolamento sociale sia la causa dell'atrofia cerebrale, alcuni studi hanno dimostrato che la partecipazione delle persone anziane a gruppi socialmente stimolanti può fermare o addirittura invertire il calo del volume cerebrale e migliorare le capacità di pensiero e di memoria. È possibile che gli interventi per migliorare l'isolamento sociale potrebbero prevenire la perdita di volume cerebrale e la demenza che spesso ne consegue», conclude Ninomiya.