Gli effetti dei PFAS sulla salute umana e sull’ambiente: la prima analisi comparativa trascrizionale

Lo studio

Gli effetti dei PFAS sulla salute umana e sull’ambiente: la prima analisi comparativa trascrizionale

di redazione

L’esposizione ai Pfas lascia un segno profondo nell’organismo. Il contatto con le sostanze perfluoroalchiliche ampiamente utilizzate in un gran numero di prodotti e materiali per le loro capacità di resistenza e le proprietà ignifughe e idrorepellenti produce effetti osservabili a livello molecolare sia in diversi tessuti che in diverse specie con conseguenze sulla salute dell’uomo e dell’ambiente. 

Lo dimostra uno studio pubblicata sulla rivista Toxics e realizzata da ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova. 

«Dalla nostra analisi abbiamo identificato e riportato diversi geni che mostrano una risposta trascrizionale coerente ed evolutivamente conservata ai Pfas.  Questi risultati mostrano per la prima volta che diverse molecole di Pfas influenzano vie ormonali e vie metaboliche, aumentando ad esempio i meccanismi di accumulo degli acidi grassi e indebolendo il sistema immunitario», dice Federico Manuel Giorgi, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio. 

I PFAS  si introducono nell’ecosistema acquatico e risalgono la catena alimentare fino agli esseri umani. Tracce di queste sostanze sono state individuate nel latte materno, nella placenta, nel siero, nel liquido seminale e nei capelli.

I ricercatori hanno raccolto 2.144 campioni di sette diverse specie animali per esaminare le risposte a livello molecolare dell’esposizione ai PFAS.

I risultati ottenuti confermano una serie di effetti negativi sulla salute prodotti dall’esposizione ai PFAS. Ad esempio, una forte regressione del metabolismo e del trasporto dei lipidi e di altri processi correlati allo sviluppo ovarico, alla produzione di estrogeni, all'ovulazione e al funzionamento fisiologico del sistema riproduttivo femminile. Tutti elementi che possono spiegare gli effetti dannosi dei PFAS sulla fertilità e sullo sviluppo fetale.

I dati raccolti mostrano inoltre che l'esposizione ai PFAS produce una sovraregolazione del gene ID1, coinvolto nello sviluppo di vari tipi di cancro, tra cui leucemia, cancro al seno e al pancreas. I dati epidemiologici suggeriscono inoltre che un'elevata esposizione a questi materiali possa aumentare significativamente la mortalità di individui affetti da neoplasie maligne dei tessuti linfatici ed ematopoietici, come milza, fegato e midollo osseo.

Lo studio sembra inoltre confermare l'effetto tossico dei PFAS sul sistema immunitario. I ricercatori hanno infatti messo in luce il meccanismo che potrebbe spiegare l'indebolimento delle reazioni immunitarie, della produzione di anticorpi e delle risposte alle vaccinazioni, osservato in particolare nei bambini esposti ai PFAS durante il periodo prenatale e postnatale. L'esposizione ai PFAS aumenta anche la concentrazione nel siero dei marcatori di stress infiammatorio e ossidativo e favorisce così lo sviluppo di malattie sistemiche, come il danno epatico e le malattie cardiovascolari, tra cui l'aterosclerosi e gli eventi tromboembolici.

Attraverso l'analisi bioinformatica dei dati e grazie ai recenti sviluppi nel data mining dell'espressione genica, gli studiosi sono inoltre riusciti ad analizzare ulteriormente le possibili conseguenze dell'esposizione ai PFAS attraverso la previsione dei loro effetti sul metaboloma (l'insieme di tutte le piccole molecole presenti in una cellula coinvolte nei processi dell'organismo). In particolare, è emerso che le molecole di PFAS sono collegate a un aumento dei livelli di diversi tipi di lipidi: un'evidenza che conferma come l'esposizione a queste sostanze aumenti la concentrazione di trigliceridi e colesterolo nel sangue.

«Questo studio è la più ampia analisi della risposta trascrizionale ai PFAS mai realizzata, con implicazioni significative per la comprensione dell'impatto dell'esposizione di queste sostanze sugli organismi viventi e sull’ambiente. Riteniamo che i risultati ottenuti possano offrire una nuova prospettiva sulle risposte molecolari all'esposizione ai PFAS e ci auguriamo che possano fornire le basi per lo sviluppo di strategie di mitigazione degli effetti dannosi di queste sostanze», conclude Giorgi.