L’inquinamento aumenta il rischio di infarto. Ma il fumo è peggio
Se sei un fumatore, vivi in una città inquinata e hai un infarto, la colpa è più del fumo che dell’inquinamento. È in estrema sintesi quanto suggerisce lo studio che verrà presentato il prossimo 27 agosto al congresso dell’European Society of Cardiology (Barcellona, 26-29 agosto) che ha indagato l’associazione tra l’inquinamento atmosferico e l’incidenza di infarti del miocardio nella città di Berlino.
Il fumo di sigarette è talmente tossico di per sé che l’inquinamento dell’aria non può peggiorare più di tanto la salute dei fumatori. Le polveri sottili, in sostanza, non hanno più margini di azione dato che il tabacco ha già provveduto a compromettere parecchio la salute cardiovascolare esponendo chi fuma a un maggior rischio di infarto.
Al contrario, i non fumatori offrono al particolato atmosferico e agli altri inquinanti un terreno fertile e incontaminato perfetto per poter essere danneggiato.
«La correlazione tra inquinamento atmosferico e attacchi di cuore nel nostro studio era assente nei fumatori. Ciò potrebbe indicare che l'aria cattiva può effettivamente causare attacchi di cuore poiché i fumatori, che si autointossicano continuamente con gli inquinanti atmosferici, sembrano meno colpiti da ulteriori inquinanti esterni», spiega Insa de Buhr-Stockburger del Berlin Brandenburg Myocardial Infarction Registry (B2HIR) tra gli autori dello studio.
I ricercatori hanno voluto analizzare il legame tra tre fattori ambientali, monossido di azoto, particolato PM 10 (particelle con diametro inferiore a 10 µm) e condizioni meteorologiche e l’incidenza di infarto del miocardio. Il monossido di azoto viene sprigionato a temperature elevate soprattutto dai veicoli a diesel, il PM10 è prodotto dai processi di combustione dei motori della automobili. Entrambi sono inquinanti pericolosi le cui concentrazioni massime consentite sono state notevolmente abbassate nelle nuove linee guida dell’Oms pubblicate a settembre 2021: 15 µg al metro cubo per il PM10 (erano 20 prima del 2021) e 10 µg al metro cubo per e per il monossido di azoto (NO) (era 40 nelle linee guida precedenti).
Lo studio ha incluso 17.873 pazienti che avevano avuto un infarto del miocardio tra il 2008 e il 2014. I numeri giornalieri di infarto miocardico acuto sono stati estratti dal database sanitario di Berlino insieme alle caratteristiche dei pazienti tra cui sesso, età, fumo e diagnosi di diabete. Le concentrazioni giornaliere di PM10 e monossido di azoto in tutta la città sono state ottenute dal fonti governative. Le informazioni meteorologiche, sulla presenza o meno del sole, sulla temperatura minima e massima e sulle precipitazioni sono state recuperate dalla stazione meteorologica di Berlino e messe a confronto con i dati sull'incidenza dell'infarto del miocardio e sull'inquinamento atmosferico.
I ricercatori hanno analizzato le associazioni tra l'incidenza del miocardio acuto e le concentrazioni medie di inquinanti nello stesso giorno dell’infarto, nel giorno precedente e nei tre giorni precedenti calcolando un valore medio. Parallelamente sono state anche analizzate le associazioni tra l'incidenza degli infarti le condizioni meteorologiche.
Dall’analisi di tutti i dati è emerso che l'infarto i casi di infarto aumentavano significativamente nei giorni con elevate concentrazioni di monossido di azoto, con un'incidenza maggiore dell’1 per cento per ogni aumento di 10 µg/m3. Anche un’elevata concentrazione media di PM10 nei tre giorni precedenti era associata a un maggior numero di infarti, con un’incidenza maggiore del 4 per cento per ogni aumento di 10 µg/m3.
L'incidenza di infarto nei fumatori invece non è stata influenzata dalle concentrazioni di monossido di azoto e di PM10.
Per quanto riguarda le condizioni del meteo, l'incidenza dell'infarto miocardico era significativamente correlata alla temperatura, con un'incidenza inferiore del 6% ogni 10°C di aumento della temperatura. Non è stata individuata alcuna associazione con la presenza del sole o con le precipitazioni.
«Lo studio indica che l'aria inquinata è un fattore di rischio per l'infarto miocardico acuto e che sono necessari maggiori sforzi per ridurre l'inquinamento dovuto al traffico e alla combustione. La causalità non può essere stabilita da uno studio osservazionale. È plausibile che l'inquinamento atmosferico sia una concausa dell'infarto del miocardio, dato che il monossido di azoto e il PM10 promuovono l’infiammazione e che l'aterosclerosi è in parte causata da processi infiammatori», conclude de Buhr-Stockburger.