L’obesità a 50 anni aumenta il rischio di fragilità in età avanzata
Perdita di peso non voluta, spossatezza, calo della forza muscolare, ridotta attività fisica e rallentamento della camminata. Una persona anziana con almeno tre di questi sintomi viene considerata “fragile”. Se sono presenti solo due condizioni, la diagnosi è di “pre-fragilità”. In entrambi i casi aumenta il rischio di cadute, di disabilità, di ricoveri ospedalieri e viene notevolmente compromessa la qualità di vita.
La strategia per la prevenzione deve iniziare con largo anticipo, idealmente sin dalla nascita. Perché l’obiettivo è arrivare alla mezza età senza chili di troppo. L’invito a tenere sotto controllo il peso intorno ai 50 anni per evitare la fragilità in età avanzata arriva da uno studio dell’Università di Oslo pubblicato sul BMJ Open.
I ricercatori hanno raccolto informazioni sull’indice di massa corporea e la circonferenza addominale di 45mila residenti della città di Tromsø, in Norvegia, in cerca di una eventuale associazione tra i due parametri con la fragilità senile. I partecipanti, dall’età di 45 anni e oltre, sono stati seguiti per circa 21 anni.
Una persona con indice di massa corporea inferiore a 18,5 viene considerata sotto-peso, tra 18,5 e 24,9 normo peso, tra 25 e 29,9 sovrappeso e oltre 30 obesa.
La circonferenza addominale è normale se è pari o inferiore a 94 centimetri per gli uomini e 80 per le donne, moderatamente elevata se è compresa tra 95 e 102 centimetri per gli uomini e tra 81 e 88 per le donne, elevata se supera i 102 centimetri per gli uomini e gli 88 centimetri per le donne.
Alla fine del periodo di osservazione il 28 per cento del campione aveva una diagnosi di pre-fragilità e l’1 per cento di fragilità.
Dall’analisi è emerso che le persone classificate come “obese” esclusivamente in base all’indice di massa corporea avevano una probabilità quasi 2,5 volte superiore di diventare pre-fragili o fragili alla fine del periodo di monitoraggio rispetto a quelli con un indice di massa corporea normale.
Allo stesso modo, i partecipanti con misure della circonferenza della vita moderatamente elevate o elevate, avevano rispettivamente il 57 per cento e il doppio delle probabilità di ricevere una diagnosi di pre-fragilità o fragilità rispetto alle persone con un girovita normale.
Coloro che all’inizio dello studio avevano un indice di massa corporea normale ma una circonferenza della vita moderatamente alta, così come coloro che erano in sovrappeso ma avevano un girovita normale, non avevano una probabilità significativamente maggiore di andare incontro a fragilità alla fine del periodo di osservazione. Ma le persone con entrambi i parametri alterati, indice di massa corporea e circonferenza della vita, avevano un rischio più alto di manifestare i sintomi della fragilità al termine dello studio.
Tra le spiegazioni biologiche di questa associazione c’è l’attività infiammatoria delle cellule adipose che infiltrandosi nelle cellule muscolari, probabilmente aumentano il declino naturale correlato all'età della massa muscolare e della forza, aumentando così il rischio di fragilità.
«Nel contesto attuale in cui la popolazione sta invecchiando rapidamente e l'epidemia di obesità è in aumento, prove crescenti riconoscono il sottogruppo di individui anziani “grassi e fragili” in contrasto con la visione della fragilità solo come un disturbo del deperimento. Il nostro studio sottolinea l'importanza di valutare e mantenere sotto controllo l’indice di massa corporea e la circonferenza della vita per tutta l'età adulta per ridurre il rischio di fragilità in età avanzata», concludono i ricercatori.