Prevenzione e screening per ridurre l’impatto dei tumori digestivi
Insieme, causano 350 mila decessi l’anno in Europa. L’elevata mortalità deriva spesso dal ritardo della diagnosi, che sopraggiunge quando il tumore è già in stadio avanzato e difficilmente aggredibile dalle terapie
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Tumore dell’esofago e dello stomaco, del pancreas, del fegato, dell'intestino tenue o del colon. Sono questi i principali i tumori gastrointestinali. Colpiscono in eguale misura uomini e donne e, sebbene la prognosi per questi pazienti sia migliorata negli ultimi anni, insieme causano complessivamente circa 350 mila decessi l’anno in Europa. L’elevata mortalità deriva spesso dal ritardo della diagnosi, che sopraggiunge quando il tumore è già in stadio avanzato e difficilmente aggredibile dalle terapie.
Da questo scenario è nato il convegno “Strategie di screening e prevenzione dei tumori digestivi: il Progetto europeo”. L’evento, organizzato dalla Fondazione per le malattie digestive costituita dalla Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (SIGE), l’Associazione UNIGASTRO e l’Associazione italiana per lo studio del pancreas (AISP), ha voluto sottolineare le raccomandazioni europee e le azioni utili in Italia affinché sia promosso uno stile di vita più sano e siano incentivati programmi di screening.
Non è un caso che l’incontro arrivi proprio ora, dopo tre anni di pandemia che hanno messo a dura prova il servizio sanitario.
«Dopo il periodo molto negativo rappresentato dalla pandemia in cui gli screening si sono ridotti in maniera significativa, riteniamo importante lavorare tutti insieme per incrementare gli screening e ridurre l’incidenza di queste patologie», dice il presidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva Antonio Benedetti.
Per ottenere questo risultato, la Fondazione per le malattie digestive ha lanciato un appello alle Istituzioni, ritenendo essenziale che tutti gli stakeholders coinvolti nella prevenzione e nella gestione delle patologie di ambito gastroenterologico italiano affrontino con determinazione il progetto di screening sia per quanto riguarda quelli già esistenti sia per ampliare le possibilità di diagnosi precoce, focalizzando l’attenzione sulla popolazione maggiormente a rischio e garantendo l’accesso a tali screening nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea).
Non meno importante, per la Fondazione, è lavorare sugli stili di vita: abitudini inappropriate, come una dieta ricca di alimenti trasformati, fumo e consumo di alcol e malattie legate a stili scorretti, come l'obesità, o alcune infezioni croniche come le epatiti B e C, sono collegati allo sviluppo delle neoplasie digestive.
Ciascuno dei tumori digestivi presenta un quadro specifico.
Ad esempio, se il 90% dei casi di cancro dello stomaco è correlabile all’infezione da Helicobacter pylori, evidenze scientifiche suggeriscono che è possibile ridurre la mortalità per cancro gastrico eradicando il batterio.
Nel caso del tumore dello stomaco, spiega Bruno Annibale, presidente della Società Italiana di Gastroenterologia, «è improponibile uno screening di massa, ma possiamo avere chiare delle popolazioni a rischio che possono essere diagnosticate e monitorate in maniera abbastanza semplice, considerando che tra le cause ci sono l’Helicobacter pylori (che è una potenzialità, non è un immancabile destino) e il danno atrofico che può essere valutato con test sierologici».
Particolarmente complessa è la situazione del cancro del pancreas. «Quasi sempre la malattia viene diagnosticata troppo tardi», illustra Luca Frulloni, professore ordinario di Gastroenterologia Università di Verona. «L’85% dei pazienti al momento della diagnosi presenta una malattia metastatizzata o localmente avanzata; ciò significa che non è possibile rimuovere chirurgicamente in maniere efficace il tumore. La sopravvivenza di questi pazienti resta molto bassa, anche se è migliorata nel tempo, ma sta crescendo il numero di pazienti affetti dalla neoplasia. Proiezioni dicono che nel 2030 l’aldenocarcinoma del pancreas sarà la seconda causa di morte per cancro in Italia».
Anche per il tumore del fegato sussiste il problema della diagnosi tardiva. «Solo un 50-60% dei tumori vengono diagnosticati in fase precoce», spiega Fabio Farinati, direttore UOC Gastroenterologia dell’Azienda Ospedale Università di Padova. «È un problema che stiamo cercando di gestire come società scientifiche. Bisogna identificare i pazienti a rischio per lo sviluppo di tumore e questo, in alcuni casi, non è facile. Per esempio, esiste una quota di popolazione affetta da virus dell’epatite C e che non ne è consapevole. C’è poi il grande problema di pazienti affetti da sindrome metabolica con obesità, sovrappeso, diabete e altre malattie malattie metaboliche che possono sviluppare il tumore».
Più semplice, almeno sulla carta, è la situazione del cancro del colon retto. In tal caso uno screening esiste. Ma l’aderenza dei cittadini resta non sufficiente. "Abbiamo 48mila nuovi casi di cancro colon-rettale e mezzo milione di persone che hanno avuto o hanno la malattia e di conseguita rappresenta un problema di sanità pubblica. Il cancro del colon retto la seconda causa di cancro sul territorio nazionale e si prevede che nel 2040 i casi, a livello globale, passeranno da 1,9 milioni a 3,2 milioni”, afferma. Luigi Ricciardiello, professore associato di Gastroenterologia all’Università di Bologna. “Lo screening è rivolto alle persone tra i 50 e i 70 e avviene attraverso analisi sangue occulto fecale; nel momento in cui dovesse essere positivo, il cittadino viene inviato a un centro di secondo livello dove effettuare la colonscopia. Lo screening è fondamentale, letteralmente salva la vita”, conclude Ricciardiello.