Sport e prevenzione: i vaccini per “allenare” il sistema immunitario

L'incontro

Sport e prevenzione: i vaccini per “allenare” il sistema immunitario

di redazione

Un'attività fisica costante, commisurata alle possibilità del proprio organismo può essere un importante aiuto nel prevenire diverse malattie. Ma non basta per garantirsi un sistema immunitario efficiente.

Di questo si è parlato nel live talk “Sport&Prevenzione: il ruolo della vaccinazione per un sistema immunitario allenato e sempre in forma”, che si è tenuto a Roma venerdì 16 dicembre.

I dati contenuti nell’Annuario statistico italiano 2021 dicono che il 36,6% degli italiani pratica almeno uno sport, con il 27,1% di loro che lo fa in modo continuativo e il 9,5% saltuariamente. In larga parte si tratta di frequentatori di Federazioni o Associazioni sportive dilettantistiche: basti pensare che nel 2020 il Coni contava oltre 13 milioni e 113 mila persone tesserate.

Si può così comprendere l'importanza che i medici specialisti in Medicina dello sport rivestono nel controllo della salute di chi voglia praticare un’attività sportiva. Non per nulla già nel 2017 la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) e la Federazione medico sportiva italiana (Fmsi) produssero un documento sull’uso delle vaccinazioni negli atleti professionisti.

«L’atleta è più a rischio specie per quella finestra che segue lo sforzo fisico in cui il sistema immunitario è più debole – ricorda Carlo Signorelli, professore di Igiene e sanità pubblica all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - per questo sollecito che le vaccinazioni raccomandate siano fatte da tutti gli sportivi. Vanno considerate le fasce di età – aggiunge - ma anche il tipo di attività sportiva». Ciò «richiama i medici sportivi e i medici di famiglia, che certificano l’idoneità, a verificare lo stato vaccinale del singolo».

Attenzione particolare va rivolta anche all’età dei praticanti: sempre l’Annuario statistico riporta che il 58% di bambini e adolescenti nella fascia 6-10 anni, il 60,5% tra gli 11 e 14 anni e il 50,1% dell’età 15-17 anni esercitano uno sport. Con il crescere dell'età le percentuali si riducono, ma non va trascurata nell’adulto la fascia più alta, pari al 37,3%, che riguarda persone tra i 65 e i 74 anni.

La vaccinazione «dà protezione individuale, ma anche comunitaria – sottolinea Sergio Pecorelli, rettore emerito dell’Università di Brescia e presidente del Comitato scientifico Fmsi - ma quando parliamo di salute non è solo compito dello Stato e della sua organizzazione sanitaria. Ci sono anche le famiglie a giocare un ruolo centrale, per questo occorre che ci sia una educazione sanitaria diretta alla popolazione e su questo fronte c’è molta strada da fare. Per questo la medicina dello sport gioca un ruolo importante, perché incontra non solo i giovanissimi, ma anche gli adulti che iniziano una pratica sportiva».

I dati sulle coperture vaccinali al 2021 del ministero della Salute riportano una generale diminuzione delle vaccinazioni entro gli 8 anni di età per quanto riguarda il morbillo (86,94%) e la polio (87,03%), il cui standard previsto dal Pnpv è dell 95%. Sempre nel 2021 i dati relativi alle coorti di 16 e di 18 anni rilevano che contro il meningococco C il dato migliore riguarda i sedicenni, con copertura del 58,95%, a fronte di un 53,47% nei diciottenni. Situazione inversa invece per il vaccino meningococco ACWY coniugato, che nei maggiorenni raggiunge il 62,22% e nei nati nel 2005 invece si ferma al 58,50%.

Anche la vaccinazione contro il papilloma virus ha ampi spazi di recupero: i dati al 2021 di copertura a ciclo completo per le coorti di nascita 1997-2009 restano ancora bassi nei target primari cioè maschi e femmine che compiono 12 anni. Sensibile il recupero per le ragazze che hanno compiuto 13 anni (che raggiungono il 53,53% di copertura) però si rimane ancora distanti dal 95% indicato nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale.

«È un fatto che negli adolescenti le coperture vaccinali siano più basse, come per l’Hpv e il meningococco» ricorda Rino Agostiniani, della Società italiana di pediatria. «Per migliorare i determinanti di salute – sostiene - serve una strategia comunicativa destinata alle famiglie: la scuola può fare molto per indirizzare verso l’attività sportiva e dare indicazioni sanitarie, ma in realtà sappiamo che ciò si realizza limitatamente. Occorre invece migliorare la cultura vaccinale nel Paese».

Il live talk, realizzato con il supporto non condizionante di GlaxoSmithKline e Sanofi, ha quindi messo a fuoco l'importanza della vaccinazione per chi pratica uno sport, anche a livello non agonistico e per ogni età.

«L’Italia ha un primato europeo per le sue norme sull’idoneità sportiva che consentono di ridurre sensibilmente l’incidenza di morti improvvise sui campi di gara» osserva Maurizio Casasco, presidente della Federazione medico sportiva italiana e della Federazione europea dei medici dello sport. «Dobbiamo proseguire sulla strada della tutela sanitaria di chi svolge attività sportiva a ogni livello – prosegue - e la vaccinazione è fondamentale, accanto a tutte le attività di screening previste». Finora , rileva Casasco, i medici dello sport si sono occupati della prevenzione e dei rischi principalmente «dal punto di vista dei vari organi, primo fra tutti quello cardiaco. Oggi, però il ruolo della copertura vaccinale è molto importante per l’atleta, ma in generale per le persone che una volta terminata l’attività sportiva vivono nella società. Ecco perché nel 2023 come Fmsi inaugureremo una campagna di formazione e informazione sull’utilità della vaccinazione a 360 gradi nella tutela della persona all’interno dell’ambito sportivo, con indicazioni specifiche per ciascuna disciplina, perché la vaccinazione è una garanzia di tutela in termini di prevenzione, al pari di quella cardiaca o di altri organi».