Lo strano legame tra acido folico e il rischio di suicidio

L’ipotesi

Lo strano legame tra acido folico e il rischio di suicidio

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Immagine: Marco Verch Professional Photographer / Flickr (CC BY 2.0)
di redazione
L’assunzione di acido folico è stata associata a una riduzione del 44% dei comportamenti suicidari. L’ipotesi avanzata su Jama Psychiatry dovrà essere confermata con uno studio randomizzato controllato. Se fosse vero si tratterebbe di una svolta

Scelgono di dirlo subito e di dirlo chiaramente: un integratore sicuro, economico, ampiamente disponibile, acquistabile senza prescrizione medica potrebbe ridurre il rischio di tentativi di suicidio e di atti di autolesionismo. Gli autori dello studio pubblicato su JAMA Psychiatry sentono infatti l’urgenza di proporre l’acido folico (o vitamina B9) come un trattamento potenzialmente capace di invertire il drammatico trend osservato negli Stati Uniti dove tra il 2000 e il 2018 il numero di persone che si sono tolte la vita è aumentato del 30 per cento. Nel 2020 negli Stati Uniti sono morte suicide 45mila persone. 

Secondo lo studio, l’assunzione di acido folico infatti può arrivare a ridurre del 44 per cento i tentativi di suicidio e gli attacchi di autolesionismo. È una novità assoluta nel panorama delle terapie preventive proposte finora che comprendono psicoterapia, farmaci antidepressivi, aiuti economici, gruppi di auto-aiuto, ma non integratori vitaminici o di altro tipo. La cautela però è d’obbligo.

La natura osservazionale dello studio non permette di dimostrare un legame diretto di causa ed effetto tra l’assunzione dell’integratore e il minore rischio di comportamenti autolesivi, non consente cioè di sostenere con certezza che una persona con ideazioni suicidarie diventi meno incline a farsi del male assumendo acido folico. Gli studi osservazionali, infatti, si limitano a cercare un’associazione tra due fenomeni. Se l’associazione viene trovata e se è particolarmente significativa, come nel caso in questione, scatta la necessità di avviare una sperimentazione in piena regola (trial clinico randomizzato) che dimostri la fondatezza dell’ipotesi. E gli scienziati dell’Università di Chicago, il trial che conduca alla pistola fumante lo vogliono presto perché la posta in gioco è altissima. «Questo studio farmaco-epidemiologico su larga scala sull'acido folico ha trovato un'associazione benefica in termini di tassi più bassi di tentativi di suicidio. I risultati giustificano la conduzione di uno studio clinico randomizzato che abbia l’ ideazione e il comportamento suicidario come outcome. Se ci fosse la conferma, l'acido folico potrebbe essere un trattamento sicuro, poco costoso e ampiamente disponibile per prevenire l'ideazione e il comportamento suicidario», dicono i ricercatori. 

I ricercatori hanno selezionato dagli archivi delle assicurazioni sanitarie i dati di 867mila pazienti scoprendo che le persone a cui era stata prescritta la vitamina B9 avevano il 44 per cento in meno di probabilità di tentare il suicidio o di procurarsi delle lesioni. 

Il sospetto che l’acido folico possa avere effetti benefici sulla salute mentale nasce da una precedente ricerca condotta dallo stesso gruppo di ricerca dove venivano osservate le associazioni tra 922 farmaci differenti e il rischio di tentativi di suicidio. Sorprendentemente, l'acido folico mostrava proprietà protettive insieme a farmaci dall’efficacia più prevedibile come antidepressivi, ansiolitici e antipsicotici. Si trattava di un’ipotesi credibile già allora perché la modalità con cui erano stati raggiunti i risultati era particolarmente affidabile. Per evitare l’influenza di elementi confondenti che avrebbero potuto condizionare il risultato (stato economico, uso di altri farmaci ecc..,) i ricercatori hanno scelto di mettere a confronto i soggetti partecipanti allo studio con loro stessi, nel periodo precedente o successivo alla prescrizione del farmaco, invece di confrontare i soggetti che assumevano l’integratore con quelli che non lo assumevano. Bisognava però ancora tenere conto del fatto che molte prescrizioni di acido folico erano destinate alle donne incinte o che stavano pianificando una gravidanza, soggetti notoriamente meno inclini al suicidio. L’impatto dell’acido folico sul rischio di suicidio poteva quindi dipendere da questo fattore. Ma limitando l’analisi solamente agli uomini sono stati osservati gli stessi effetti. A quel punto l’ipotesi dell’acido folico sembrava meritasse di essere approfondita. 

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno tenuto conto di una nuova lunga lista di fattori confondenti tra cui età, sesso, diagnosi di salute mentale, assunzione di farmaci per il sistema nervoso, condizioni che influenzano il metabolismo dell'acido folico e altro ancora. Anche dopo aver affinato i dati sulla base di tutti questi fattori, la prescrizione di acido folico continuava a essere associata a un rischio ridotto di tentato suicidio. Dall’analisi è emerso inoltre che più a lungo una persona assumeva acido folico, minore era il rischio di un tentativo di suicidio. Ogni mese in più di assunzione dell’acido folico è stato associato a un'ulteriore riduzione del 5 per cento del rischio di tentato suicidio durante un periodo di follow-up di 24 mesi.

L’obiezione più scontata l’hanno sollevata gli stessi ricercatori. È possibile che le persone che assumono integratori siano più attente alla salute e di conseguenza meno inclini al suicidio o a comportamenti di autolesionismo.

Per verificarlo, è bastato condurre la stessa analisi con un integratore differente, la vitamina B12. Ebbene, a differenza di quanto emerso con l’acido folico, non è stata trovata alcuna associazione tra la vitamina B12 e il rischio di suicidio.

Un ulteriore dato che conferma la necessità di studi più approfonditi sull'argomento.