Vaccino antinfluenzale, più protetto chi ha reazione avversa su braccio
Il dolore al braccio dopo il vaccino antinfluenzale è un buon segno. I risultati di una ricerca del Brigham and Women's Hospital dell’Harvard Medical School di Boston, pubblicata di recente sull’European Journal of Hearth Failure, suggeriscono che chi ha piccole reazioni di dolore o fastidio nel sito dell’inoculo nelle prime dalla vaccinazione ore ha il cuore più protetto dai rischi dell’influenza.
La probabilità di ricoveri per problemi cardiaci e/o polmonari e la mortalità si riducono di un ulteriore 20 per cento in chi ha sperimentato reazioni avverse nel punto dell’iniezione. I dati verranno discussi in occasione dell’83° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), in corso a Roma fino al 18 dicembre. «Nella stagione 2021/2022 la copertura vaccinale con l’antinfluenzale è stata pari a circa il 60% della popolazione over 65. Il vaccino antinfluenzale si associa a una riduzione netta del rischio di malattia e mortalità negli anziani ed è molto protettivo per chi è a elevato rischio cardiovascolare, per esempio perché soffre di scompenso cardiaco o ha già avuto un infarto; purtroppo molti esitano a vaccinarsi temendo gli effetti collaterali, ma i nuovi dati dimostrano che anzi, chi ha piccole reazioni al vaccino è perfino più protetto dalle conseguenze negative dell’influenza», spiega Ciro Indolfi, presidente SIC e Direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia Emodinamica dell’Azienda Ospedaliero Università Mater Domini di Catanzaro.
Lo studio statunitense ha seguito per tre diverse stagioni influenzali oltre 5.200 persone vaccinate o non vaccinate per l’influenza che erano già state ricoverate per scompenso o infarto ed erano quindi a elevato rischio cardiovascolare. I dati mostrano che il 38 per cento delle persone ha avuto effetti collaterali ma che nel 76 per cento dei casi si è trattato di reazioni lievi, come dolore nel punto dell’iniezione (60%), dolori muscolari (34%) o fastidio generale (22%). Gli effetti collaterali, più frequenti nelle donne e in chi era già stato ricoverato per un infarto, ma anche in chi era più giovane, nei fumatori e in chi era sovrappeso, sono risultati protettivi: chi li ha sperimentati ha registrato un calo del 20% della probabilità di problemi cardiaci e/o polmonari e della mortalità nei mesi successivi.