La cannabis contro il tumore della prostata
Un componente non-psicoattivo della Cannabis (CBD) sembra in grado di contrastare la fase in cui il carcinoma prostatico diventa refrattario alla terapia ormonale.
A mostrarlo è uno studio condotto da un team di ricercatori dell'Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb), pubblicato sulla rivista Pharmacological Research.
La ricerca ha dimostrato l'esistenza, in questa fase della malattia, di vulnerabilità metaboliche e oncogeniche che possono essere potenzialmente sfruttate terapeuticamente da trattamenti a base di fitocannabinoidi: in questo caso, il componente individuato è in grado di colpire specificamente la plasticità metabolica del carcinoma modulando la bioenergetica dei mitocondri, la “centrale elettrica” delle cellule.
«Le cellule tumorali, specialmente quelle in fase avanzata, sono in grado di modificare il loro metabolismo per supportare la maggiore richiesta di energia» spiega Alessia Ligresti, prima ricercatrice del Cnr-Icb di Pozzuoli, coordinatrice della ricerca realzzata in collaborazione con Roberto Ronca, docente dell’Università di Brescia. «Questa capacità, nota anche come riprogrammazione metabolica – precisa - gioca un ruolo chiave sia nell'oncogenesi del cancro alla prostata, cioè il processo che porta alla trasformazione delle cellule normali in cellule cancerose, sia nell'acquisizione della resistenza ai farmaci. Tuttavia, le dinamiche tra metabolismo e oncogenesi non sono completamente comprese».
I cannabinoidi di origine vegetale sono stati usati per decenni come agenti palliativi per i malati di cancro, ma negli ultimi anni diversi composti simili e farmaci a base di cannabinoidi sono stati oggetto di ricerche per la loro potenziale attività antitumorale.
Lo studio dimostra come, nei modelli preclinici, il CBD, già approvato dalla FDA e prescritto per trattare le convulsioni associate a diverse forme di epilessia infantile, «quando opportunamente combinato con altri fitocannabinoidi non psicoattivi, sia particolarmente efficace nel ridurre la crescita del cancro alla prostata refrattario agli ormoni, prendendo di mira i mitocondri» aggiunge la ricercatrice.
«La speranza è che questi risultati favoriscano studi futuri, compresi studi clinici, sul possibile uso di cannabinoidi non psicotropi come coadiuvanti per il trattamento del cancro alla prostata» conclude Ligresti.
Alla ricerca hanno partecipato anche l'Unità di malattie metaboliche complesse e mitocondri dell'Istituto di ricerca in biomedicina di Barcellona e l'Unità di ricerca sui sistemi complessi e non lineari dell'Università di Portsmouth (Regno Unito).