Celiachia, in Italia colpito un bambino su sessanta

Lo studio

Celiachia, in Italia colpito un bambino su sessanta

di redazione

Un caso di celiachia ogni sessanta bambini: la più frequente patologia autoimmune del bambino, che coinvolge in prima istanza l’intestino, registra nel nostro Paese una prevalenza tra le più alte al mondo.

A questa conclusione è giunto lo studio più ampio mai realizzato in Italia e tra i più ampi al mondo su questo tema, condotto su 9 mila alunni delle scuole elementari di Verona, Milano, Roma, Padova, Salerno, Ancona, Bari e Reggio Calabria. Il lavoro, presentato giovedì 16 marzo al ministero della Salute a Roma, è stato pubblicato sulla rivista Digestive and Liver Disease.

«Malgrado il crescente interesse verso questa condizione nell’ambito medico e generale – osserva Claudio Romano, direttore dell’Unità di Gastroenterologia pediatrica e fibrosi cistica dell’Università di Messina, presidente della Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp) - ancora rimangono tanti i casi di celiachia non diagnosticati, per cui la ricerca dei casi sfuggiti a una diagnosi rappresenta a oggi un obiettivo primario dal punto di vista sanitario».

La terapia è tanto semplice quanto per nulla facile: una dieta con esclusione rigorosa di glutine contenuto in alcuni cereali, tra cui il frumento, per tutta la vita.

La celiachia è «una patologia permanente – ricorda Carlo Catassi, direttore della Clinica pediatrica dell’Università Politecnica di Ancona, ideatore dello studio - che richiederebbe una diagnosi tempestiva per scongiurare complicanze tardive anche gravi, come osteoporosi, infertilità, rari casi di tumore. Oltre alla grande diffusione di questa condizione in Italia, lo studio ha rilevato anche un serio problema di sottodiagnosi»: solo il 40% dei casi ottiene una diagnosi di celiachia su basi cliniche. «I medici prestano molta attenzione al minimo sospetto di celiachia – sottolinea Catassi - ma spesso i genitori non portano i figli dal pediatra perché non rilevano sintomi particolari. Tra i primi campanelli d’allarme va considerata la familiarità per celiachia, la presenza di altre patologie autoimmuni, che spesso si manifestano nello stesso soggetto o in ambito familiare».

Come spiega l'esperto, possono essere sintomi di celiachia la diarrea o la stitichezza, i dolori addominali, l’anemia da carenza di ferro, il vomito, la stanchezza cronica solo per elencarne alcuni. Può manifestarsi a ogni età, anche nell’adulto, ma spesso insorge nel bambino quando il piccolo inizia a introdurre glutine nell’alimentazione, nutrendosi anche con farine, pane, pasta e biscotti. La latenza è di alcuni mesi o anni, poi si può si manifestare la patologia. La fascia d’età più colpita è quella che va dai due ai dieci anni.

I dati indicano anche che le femmine sono più colpite dei maschi, in rapporto di due casi a uno. Per quanto riguarda la distribuzione geografica è ormai certo che l’Italia è tra i Paesi in cui la prevalenza è maggiore, insieme a Svezia, Finlandia, ma anche India e Nord Africa. In Giappone o nelle Filippine è una condizione assolutamente rara, per la caratteristiche dell’alimentazione orientale basata sul riso. Ma oggi la situazione sta cambiando: popolazioni che difficilmente si nutrivano con derivati del frumento, oggi iniziano a consumare panini con hamburger e pizze.

Le cause principali della celiachia sono riconducibili in egual misura alla predisposizione genetica e all’alimentazione. Se una persona ha la predisposizione genetica, ma non consumerà mai glutine non svilupperà la malattia.

«Le indicazioni emerse dal nostro studio sottolineano la necessità di uno screening nazionale della celiachia – conclude Catassi - perché abbiamo verificato che nonostante l’attenzione che i pediatri italiani pongono sull’argomento la sottodiagnosi è ancora un problema enorme».