Il cervello ibrido uomo-topo per studiare le malattie neurologiche solleva questioni etiche

Lo studio 

Il cervello ibrido uomo-topo per studiare le malattie neurologiche solleva questioni etiche

Stanford.jpg

Immagine: screenshot from https://www.youtube.com/watch?v=89mlSgw4Db4&t=214s
di redazione
L’organoide di cervello umano trapiantato nel cervello di un topo ha dato vita a un cervello ibrido. I neuroni umani comunicano con quelli dell’animale. La nuova chimera potrebbe servire per lo studio delle malattie neurologiche o psichiatriche. Lo studio su Nature solleva questioni etiche

In alto a sinistra: organoide di cervello umano inserito in un cervello di cucciolo di topo. Così viene descritta l’immagine che dimostra la riuscita di un esperimento pionieristico pronto a inaugurare nuovi scenari nella ricerca delle malattie neurologiche e a scatenare dibattiti su questioni etiche. Ma la didascalia non dice tutto. La vera notizia viene data più avanti nello studio firmato dai ricercatori dell’Università di Stanford  pubblicato su Nature: i due cervelli, quello umano miniaturizzato trapiantato nell’animale e quello del topo, si “parlano”, interagiscono tra loro, si scambiano messaggi.  

I neuroni dell’organoide umano, una struttura realizzata con cellule staminali umane che è un “modellino” dell’organo originale con funzionalità ridotte, possono interfacciarsi con le cellule nervose dei topi.  Questo inedito cervello ibrido potrebbe servire per testare nuove terapie per le malattie nuerodegenerative o per i disturbi psichiatrici. 

Il team di neuroscienziati di Stanford guidato da Sergiu Pasca ha considerato il trapianto di organoide l’unico modo per  poter sfruttare le potenzialità del mini-cervello umano. Il laboratorio non offre la stessa opportunità: l’organoide “assemblato” su un vetrino non sopravvive a lungo perché non sviluppa vasi sanguigni e quindi non riceve nutrimento. Per questa ragione i ricercatori hanno iniettato gli organoidi cresciuti in laboratorio nel cervello dei topi appena nati, aspettandosi di vedere le cellule cerebrali umane crescere insieme a quelle dell’animale. Gli organoidi sono stati posizionati in una regione del cervello chiamata corteccia somatosensoriale che riceve i segnali dalle vibrisse (i baffi), gli organi tattili degli animali, e li trasmette ad altre regioni del cervello dove vengono interpretati.  

Ci sono voluti sei mesi perché il processo di integrazione dell’organoide umano nel cervello ospite fosse completato del tutto. Alla fine la fusione era talmente riuscita che, come ha spiegato lo stesso Pasca in una conferenza stampa, sembrava di aver semplicemente aggiunto “un altro transistor a un circuito”. 

In realtà di semplice c’è stato ben poco. Prima del trapianto, i ricercatori hanno modificato geneticamente i neuroni dell’organoide per fare in modo che si attivassero quando venivano stimolati con la luce di un cavo in fibra ottica incorporato nel cervello dei topi. Il team ha poi addestrato i topi a leccare un beccuccio per ricevere l'acqua quando la luce veniva accesa. Ebbene, gli animali hanno eseguito il compito quando la luce era puntata sul cervello ibrido. Inoltre, i neuroni umani della corteccia sensoriale si attivavano quando i ricercatori toccavano le vibrisse dei topi, dimostrando così che le cellule erano in grado di raccogliere informazioni sensoriali.

Quale può essere l’utilità di questo chimerico cervello? Per rispondere alla domanda i ricercatori hanno creato organoidi cerebrali dalle cellule staminali di tre persone con una condizione genetica chiamata sindrome di Timothy, che può causare sintomi simili a quelli dell’autismo. Le minuscole strutture sembravano identiche a quelle di qualunque  altro organoide cerebrale cresciuto in laboratorio, ma una volta trapiantate nei ratti, non erano cresciute tanto quanto le altre e i loro neuroni non si erano attivati ​​allo stesso modo. Il cervello ibrido potrebbe offrire la possibilità di scoprire la causa di queste anomalie.

Ma i progressi in questo campo andranno di pari passo con le questioni etiche. Ci sono in ballo tematiche difficili da liquidare con le sole ragioni della scienza. Si dovrà discutere del benessere animale, ma soprattutto della inquietante prospettiva di poter creare animali con intelligenza umana e vedere realizzato lo scenario prefigurato da Orwell nella Fattoria degli Animali. Anche se siamo ancora molto lontani da quella possibilità. 

Alcune società scientifiche hanno già analizzato il problema e tratto le prime conclusioni. L’anno scorso, per esempio, la National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine americana ha pubblicato un documento di consenso per rispondere alle domande che questo nuovo campo di ricerca solleva: gli organoidi del cervello umano potrebbero acquisire aspetti di coscienza o provare dolore? Gli animali che ospitano cellule cerebrali umane trapiantate potrebbero avere capacità sostanzialmente diverse da quelle tipiche della loro specie? Le chimere violano la distinzione tra umani e altri animali che è profondamente radicata in molte culture? Gli animali da esperimento potrebbero sviluppare caratteristiche comunemente ritenute umane?

La conclusione è rassicurante: gli organoidi del cervello umano sono ancora troppo primitivi per diventare coscienti, raggiungere un'intelligenza simile a quella umana o acquisire altre capacità che potrebbero richiedere una regolamentazione legale. Per ora, insomma non c’è ragione di limitare la ricerca in questo campo, ma in futuro le cose potrebbero cambiare. 

«Il cervello è l'organo che, più di ogni altro, conferisce agli esseri umani la loro identità individuale, quindi c’è un’attenzione speciale intorno alla ricerca sulle cellule cerebrali e sui tessuti. I progressi nello studio del cervello con l’uso di organoidi neurali umani, trapianti e chimere sono stati rapidi. Sebbene le normative attuali possano disciplinare adeguatamente questa ricerca nel momento presente e per il prossimo futuro, man mano che la ricerca avanza potrebbero essere necessarie nuove normative», concludevano gli autori del rapporto.