Il cervello non sceglie la strada più breve

Lo studio

Il cervello non sceglie la strada più breve

di redazione

Quando camminiamo in una città, il percorso diretto verso la nostra destinazione potrebbe non essere possibile. Come decidiamo, allora, la strada da prendere?

Uno nuovo studio dell’Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iit) di Pisa in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology (Mit) e il Politecnico di Torino, mostra che il nostro cervello non è ottimizzato per calcolare il cosiddetto “cammino minimo” quando lo spostamento è pedonale. Il lavoro è stato pubblicato su Nature Computational Science.

Il team di ricerca ha analizzato i dati di oltre 550 mila spostamenti a piedi di oltre 14 mila persone di Boston e San Francisco e ha scoperto che i pedoni tendono a scegliere percorsi, detti “cammini direzionali”, che sembrano puntare direttamente verso la destinazione anche se potrebbero alla fine risultare più lunghi del “cammino minimo”.

«Questa strategia, nota come navigazione vettoriale, è stata osservata in studi precedenti effettuati su animali, dagli insetti ai primati» osserva Paolo Santi, dirigente di ricerca del Cnr-Iit. «La navigazione vettoriale – precisa - viene usata perché richiede meno risorse cerebrali rispetto al dover calcolare il cosiddetto cammino minimo. Questo risparmio energetico cerebrale potrebbe essere il risultato dell’evoluzione, in modo da lasciare al cervello più risorse per compiere altre attività per la sopravvivenza».

«Sembra esistere un meccanismo che alloca le risorse computazionali del cervello per altri utilizzi. Trentamila anni fa, ad esempio, per fuggire da un predatore e oggi per evitare una zona pericolosa per l’eccessivo traffico» ipotizza Carlo Ratti, professore di Tecnologie urbane al Dipartimento di Urban studies and planning del Mit e direttore del Senseable City Lab. «La navigazione vettoriale non produce il cammino minimo – spiega - ma un tragitto sufficientemente vicino a quello minimo, più semplice da calcolare e quindi con un dispendio di energie cerebrali inferiore».

I risultati dello studio potrebbero essere utilizzati per la progettazione urbana. «Le potenzialità contenute nei dati di spostamento degli individui sono enormi» sostiene Alessandro Rizzo, professore di Automatica e robotica al Dipartimento di Elettronica e telecomunicazioni del Politecnico di Torino. «L’avere individuato caratteristiche comportamentali uniformi in città dalle caratteristiche così diverse – aggiunge - ci fa ben sperare nella possibilità di usare questi dati per progettare meglio le città del futuro, rendendo gli spostamenti dei cittadini più efficaci, sicuri e, perché no, piacevoli».