Combinazione di immunoterapici porta al 43% la sopravvivenza a sette anni dalla diagnosi del melanoma con metastasi cerebrali silenti
A sette anni di distanza dalla diagnosi di melanoma con metastasi cerebrali silenti, grazie all’utilizzo di ipilimumab e nivolumab è vivo il 43% dei pazienti rispetto il 10% delle terapie standard. A dimostrarlo è l’aggiornamento dei dati del trial clinico NIBIT-M2, realizzato da Fondazione NIBIT e presentato al Congresso dell’European Society of Medical Oncology (ESMO), a Madri dal 20 al 24 ottobre.
Il melanoma metastatico è stato il primo tumore a beneficiare dell’immunoterapia: se in passato la sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi era del 5% con la sola chemioterapia, oggi, grazie alla combinazione di più farmaci immunoterapici, la percentuale a oltre sette anni dalla diagnosi è quasi del 50%.
«Circa il 40% delle persone con melanoma metastatico - spiega Anna Maria Di Giacomo, professoressa di Oncologia all'Università di Siena - sviluppa metastasi a livello del sistema nervoso centrale, caratteristica che si associa a una ridotta aspettativa di vita. In questi pazienti l’immunoterapia, a causa del suo meccanismo d’azione, non è mai stata considerata una valida strategia per arrivare a colpire il tumore metastatizzato al cervello».
Negli anni, però, sempre più numerosi studi hanno lentamente cambiato questo paradigma. Lo studio NIBIT-M1, condotto dalla Fondazione NIBIT con la combinazione di ipilimumab e fotemustine in un gruppo di venti pazienti con melanoma e metastasi cerebrali asintomatiche, ha dimostrato iniziali segni di attività anche sulle metastasi cerebrali. Partendo da queste osservazioni molto promettenti, la Fondazione NIBIT ha quindi sviluppato il trial clinico di fase III NIBIT-M2, il primo al mondo per questo genere di pazienti, volto a dimostrare l’utilità dell’immunoterapia di combinazione sulle metastasi cerebrali silenti e non precedentemente trattate.
«Lo studio -spiega Di Giacomo - ha comparato tre differenti strategie: quella standard, attraverso la somministrazione del chemioterapico fotemustina, la combinazione di fotemustina e ipilimumab e la combinazione di ipilimumab e nivolumab. Dalle analisi, effettuate su 76 pazienti divisi in tre gruppi a partire da gennaio 2013 a settembre 2018, è emerso che la combinazione ipilimumab e nivolumab è stata in grado di migliorare significativamente diversi parametri tra cui, il più importante, la sopravvivenza globale rispetto alle altre due strategie di cura testate. A sette anni dalla diagnosi la percentuale di pazienti in vita è stata del 43% utilizzando la combinazione dei due immunoterapici, del 10% con fotemustina e del 10% con fotemustina e ipilimumab. Questo risultato è stato ottenuto anche garantendo ai pazienti una buona qualità di vita».
«I risultati presentati ad ESMO non fanno altro che confermare la nostra iniziale intuizione sulla possibilità di arrivare a trattare il melanoma con l’immunoterapia anche quando metastatizzato al cervello, da sempre considerato un luogo inaccessibile al trattamento immunoterapico» sottolinea Michele Maio, professore di Oncologia dell’Università di Siena, direttore del Centro di Immuno-oncologia all'Ospedale S. Maria alle Scotte di Siena e presidente della Fondazione NIBIT. «Un’intuizione, frutto della ricerca portata avanti da Fondazione NIBIT, capace di cambiare la pratica clinica corrente e la vita dei malati», conclude Maio.