Così funziona l’effetto placebo (e nocebo)

La scoperta

Così funziona l’effetto placebo (e nocebo)

Funziona e la suggestione non c’entra. Il placebo attiva specifiche aree del tronco encefalico coinvolte nella percezione del dolore. Lo studio che le ha identificate potrebbe aprire la strada allo sviluppo di terapie del dolore che potenziano l’effetto placebo. Ora si sa dove indirizzarle

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Immagine: Freitas A, Wylezinska M, Birch M, Petersen S, Miquel M, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

Curare il dolore cronico con l’effetto placebo. Non in maniera ingannevole (sarebbe eticamente inaccettabile) e senza far leva sulla suggestione. La psicologia non c’entra. Un prodotto placebo, così come uno nocebo, provoca dei cambiamenti in specifiche aree del cervello coinvolte nella gestione del dolore. Può sembrare paradossale, ma per procurare ai pazienti sollievo dal dolore bisognerebbe riuscire a riprodurre artificialmente l’effetto placebo, preferibilmente amplificandolo.

È quello che suggerisce uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Melbourne, pubblicato su The Journal of Neuroscience. Gli scienziati hanno scovato i punti esatti del cervello dove i finti farmaci hanno un effetto reale. Si tratta di piccoli e complessi circuiti del tronco encefalico difficili da individuare con le tradizionale tecniche di imaging. Le aree in questione sono il midollo ventromediale  e la sostanza grigia periacqueduttale. Il placebo aumenta l’attività nel midollo ventromediale e riduce quella del sostanza grigia periacqueduttale. Gli scienziati hanno scoperto il segreto dell’effetto placebo grazie a un esperimento su 27 adulti, 13 uomini e 14 donne, dell’età media di 23 anni. Ai partecipanti è stato avvolto intorno al braccio un dispositivo che rilasciava calore arrivando a temperature moderatamente dolorose. 

I ricercatori hanno poi applicato della banale vaselina sulla parte indolenzita del braccio a tutti i partecipanti, ma hanno presentato la pomata a volte come una cura, spacciandola per lidocaina, altre come una sostanza irritante (capsaicina), altre ancora come un composto usato come controllo senza alcun principio attivo. 

Nel frattempo i volontari venivano sottoposti a un esame con risonanza magnetica funzionale a elevata risoluzione con la speranza di trovare traccia dell’effetto placebo e nocebo nel cervello. Ha funzionato. 

Nelle persone che avevano provato sollievo con la pomata “terapeutica” (placebo) si osservava l’attivazione del midollo ventromediale e la riduzione dell’attività della sostanza grigia periacqueduttale. Nei partecipanti che avevano provato un aumento del dolore dopo l’applicazione della sostanza “irritante” (nocebo) si osservava il contrario. I risultati sono a una prima analisi controintuitivi, perché il midollo ventromediale è deputato a veicolare i segnali di dolore mentre la sostanza grigia periacqueduttale è coinvolta nella soppressione del dolore. Ma gli scienziati non se ne stupiscono perché le aree del tronco encefalico funzionano in maniera molto complessa e mai univoca. Dalle immagini della risonanza magnetica si nota che l’effetto placebo e quello nocebo si sovrappongono in alcune aree del tronco encefalico e si separano in altre. 

Bisognerà andare ancora più nel dettaglio per identificare con precisione i circuiti attivati dal placebo e quelli attivati dal nocebo per cercare di potenziare i primi per procurare sollievo e inibire i secondi per evitare l’aumento del dolore.  A quel punto si potrebbe arrivare a formulare una vera terapia del dolore ispirata all’effetto placebo. Una sorta di super-placebo dalle efficaci  potenzialità analgesiche. «Comprendere i meccanismi endogeni di modulazione del dolore favorirebbe lo sviluppo di strategie di trattamento clinico efficaci per il dolore sia acuto che cronico», scrivono i ricercatori. 

Intanto il loro studio suggerisce un’area ristretta entro cui cercare il bersaglio terapeutico. E non è poco.