Cosa sappiamo del “bambino con tre genitori” nato nel Regno Unito?
Non c’è “il bambino” nato con 3 Dna diversi (99,9% dei genitori e 0,1% dalla donatrice). Ma ce ne è “almeno uno”. Potrebbero essere 2, 3 o 4. Sicuramente meno di 5, secondo l’ente inglese che regola la donazione mitocondriale in Uk. La tecnica di Pma evita la trasmissione di malattie mitocondriali
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La notizia è stata ripresa nei giorni scorsi da tutte le testate giornalistiche del mondo. Nel Regno Unito un bambino - il primo - sarebbe nato da tre genitori. Andando oltre i titoli, però, la notizia perde quasi subito le caratteristiche tipiche della “notizia”. Perché il clamore con cui è stata diffusa non sembra tanto giustificato.
Innanzitutto perché di quel bambino nato con una innovativa tecnica di fecondazione assistita, chiamata donazione mitocondriale, non si sa nulla. Non si sa se è maschio, femmina, quando è nato, come sta. E non si può saperlo, non solo per comprensibili ragioni di privacy, ma perché non c’è stato nessun annuncio ufficiale nel Regno Unito di una nascita dovuta a quella tecnica. La venuta al mondo del “primo bambino con 3 Dna” è infatti frutto di una logica deduzione dei giornalisti del Guardian che hanno voluto sapere quanti bambini fossero nati grazie alla innovativa procedura di procreazione assistita approvata Regno Unito, primo Paese al mondo, nel 2015.
In risposta alla loro richiesta, la Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA), l’ente regolatorio inglese che autorizza il trattamento, ha dichiarato che in otto anni, fino ad aprile 2023, sono nati meno di cinque bambini utilizzando il trattamento della donazione mitocondriale.
Andrebbe specificato, quindi, che esiste “almeno” un bambino nato con “tre genitori” e che una nascita del genere non poteva giungere del tutto inaspettata dato che da ben otto anni la legge inglese consente di ricorrere alla donazione mitocondriale. Dal 2015 a oggi l’HFEA, che prende le decisioni analizzando caso per caso, ha concesso l’autorizzazione 30 coppie, tutte seguite al Newcastle Fertility Centre, l’unico centro autorizzato del Paese.
La procedura viene utilizzata per evitare la trasmissione dalla madre al figlio di alcune malattie genetiche dovute ad anomalie dei mitocondri materni, organelli presenti in grandi quantità all’interno delle cellule responsabili della produzione di energia.
Le mutazioni dei mitocondri possono provocare malattie che coinvolgono organi o tessuti “assetati” di energia, come cuore, fegato, muscoli e cervello.
Si stima che circa un bambino su 6mila sia affetto da disturbi mitocondriali trasmessi esclusivamente dalla madre.
Il trattamento di donazione mitocondriale consiste in tre passaggi e prevede il contributo di tre persone, la coppia dei genitori e una donna donatrice. Dall’ovulo materno fecondato, contenente i mitocondri difettosi, viene prelevato il Dna nucleare della coppia, costituto dalla stragrande maggioranza di geni che vengono trasmessi alla prole (la maggior parte dei 20mila geni di un essere umano sono avvolti nel nucleo delle cellule).
Nel frattempo l’ovulo della donatrice (il “terzo genitore”), che possiede i mitocondri sani, viene deprivato del materiale genetico nucleare. Infine, il Dna nucleare della coppia viene impiantato nell’ovulo donato. L'ovulo risultante possiede un set completo di cromosomi di entrambi i genitori, ma contiene i mitocondri sani della donatrice invece di quelli difettosi della madre.
Il prodotto finale ottenuto con questa tecnica ideata da un gruppo di scienziati della University of Newcastle è un embrione frutto del contributo del Dna di due donne e un uomo, ma le rispettive percentuali di geni trasmessi è talmente sproporzionata che parlare di tre genitori appare una forzatura. La prole infatti avrà circa il 99,8 per cento del Dna proveniente dalla madre e dal padre e una piccola quantità di materiale genetico proveniente dalla donatrice, pari a circa 37 geni in tutto.
La procedura non è priva di rischi. C’è infatti la possibilità che un piccolo numero di mitocondri difettosi venga trasferito dall'ovulo della madre all'ovulo della donatrice e che possa moltiplicarsi dopo l’impianto dell’embrione nell’utero.
La comunità scientifica chiede più dati e studi a lungo termine per valutare gli effetti della procedura sulla crescita dei bambini.
Dalla Newcastle University fanno sapere di aver prodotto le prime pubblicazioni che sono attualmente al vaglio della peer review e che le informazioni richieste saranno disponibili a breve.
Il bambino, o i bambini, del Regno Unito non sono i primi al mondo a essere nati con questa tecnica. Sono noti altri casi precedenti, in Messico, in Ucraina e in Grecia.
Anche l’Australia ha recentemente approvato il trattamento della donazione mitocondriale, mentre la procedura resta vietata in gran parte del mondo, Stati Uniti compresi.
«La procedura offre alle famiglie con gravi malattie mitocondriali ereditarie la possibilità di avere un bambino sano. Il Regno Unito è stato il primo paese al mondo a consentire la donazione mitocondriale all'interno di un quadro normativo... Siamo ancora all’inizio e l'HFEA continua a esaminare gli sviluppi clinici e scientifici», ha dichiarato al Guardian Peter Thompson, amministratore delegato dell’HFEA.