Covid-19. Le persone allergiche potrebbero avere un rischio più basso di infettarsi
Una persona allergica che ha in più anche l’asma ha un rischio del 38% più basso di sviluppare l’infezione di Covid-19. I maschi, anziani con malattie pregresse non sono a maggior rischio di essere contagiati. Perché i fattori di rischio per l’infezione non sono gli stessi della malattia grave
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L’asma o le allergie non aumentano il rischio di sviluppare Covid-19, anzi, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, lo riducono. Le persone che soffrono di allergie stagionali, asma, riniti o dermatite atopica hanno meno probabilità di infettarsi e di ammalarsi rispetto a chi non ha queste condizioni. Lo dimostra uno studio appena pubblicato su Thorax che ha individuato all’interno della popolazione adulta del Regno Unito le persone con maggiori probabilità di infettarsi e di sviluppare la malattia. Per fare chiarezza va specificato che nella ricerca non viene persa in considerazione la gravità della malattia, ma solo il rischio di venire contagiati dal virus.
Solo così si capisce che i nuovi risultati non contraddicono quanto finora noto sui fattori di rischio per le forme più gravi di Covid-19. I fattori che favoriscono all’infezione non coincidono con quelli che predispongono alla malattia grave.
Per esempio, dall’indagine emerge che il sesso maschile, l’età avanzata e la presenza di altre patologie sottostanti non sono fattori di rischio di infezione. Si deduce quindi che un uomo con diabete di 70 anni non ha maggiori probabilità di essere contagiato dal coronavirus. Resta vero però che in caso di infezione, una persona con quelle caratteristiche corre un rischio maggiore di sviluppare una forma grave di Covid-19.
I principali elementi che aumentano le probabilità di un’infezione sono le case sovraffollate, la socialità, una professione a contatto con le persone e l’obesità (che sembra l’unico fattore di rischio comune alle due situazioni, infezione e malattia grave)
I ricercatori, attraverso una serie di questionari, hanno raccolto informazioni dettagliate su 16mila adulti residenti nel Regno Unito tra maggio 2020 e febbraio 2021.
A tutti i partecipanti è stato chiesto di rispondere mensilmente a domande sull’età, le condizioni di vita in famiglia, il lavoro, lo stile di vita, il peso, l’altezza, le eventuali patologie, l’uso di farmaci, la dieta, il consumo di integratori e lo status vaccinale. L’età media dei partecipanti era di 59 anni.
Nel corso dello studio ci sono stati 446 casi di infezione di Covid-19 confermati dal tampone molecolare, con 32 persone ricoverate.
I ricercatori hanno voluto verificare se esistesse un’associazione tra il rischio di infezione e una lunga serie di caratteristiche personali, come le dimensioni del nucleo famigliare, il tipo di lavoro, le abitudini di vita, lo stile alimentare, la presenza di allergie ecc…
Scoprendo che i fattori di rischio per la malattia grave non sempre coincidono con quelli per l’infezione.
Per esempio, le persone con un’allergia, come riniti, dermatite atopica, allergia da fieno, hanno un rischio di infettarsi del 23 per cento più basso rispetto a chi non soffre di questi disturbi. Va ancora meglio a chi, oltre all’allergia, ha anche l’asma. In questo caso le probabilità di contrarre l’infezione si riducono del 38 per cento.
Anche chi assume farmaci immunosoppressori abbassa del 53 per cento il rischio di essere contagiato.
«Questo ampio studio prospettico basato sulla popolazione mostra che esiste una sovrapposizione limitata tra i fattori di rischio per lo sviluppo di Covid-19 rispetto a quelli per il ricovero in unità di terapia intensiva e la morte, come riportato nelle coorti di pazienti ospedalieri», concludono i ricercatori.