Covid: all’origine della pandemia forse il cane procione. Ora c’è la conferma dell’Oms
Dopo che nei giorni scorsi lo aveva anticipato The Atlantic, ieri è arrivata la conferma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: al mercato di Huanan a Wuhan c’erano con ogni probabilità animali infetti da Sars-CoV-2. Soprattutto cani procioni, mammiferi imparentati con le volpi piuttosto diffusi in Cina.
La scoperta «fornisce potenziali indizi per identificare l’ospite intermedio di Sars-CoV-2 e potenziali fonti di infezioni umane sul mercato», afferma l’Oms.
La notizia circola da qualche giorno, da quando su The Atlantic un articolo a firma di Katherine J. Wu, microbiologa con un passato al New York Times prima di passare a The Atlantic, racconta di una scoperta fatta quasi per caso da tre scienziati che lavorano in Usa e Australia.
La scorsa settimana sul Gisaid, il più importante database che raccoglie i dati genetici di Sars-CoV-2, sono apparse alcune sequenze genetiche provenienti dai rilievi effettuati al mercato di Huanan nelle primissime fasi della pandemia. I tre ricercatori - Kristian Andersen, Edward Holmes e Michael Worobey - li hanno scaricato e cominciato ad analizzarle.
«Le analisi di questi dati suggeriscono che, oltre alle sequenze di Sars-CoV-2, alcuni campioni contenevano anche Dna umano, nonché Dna mitocondriale di diverse specie animali, comprese alcune note per essere suscettibili a Sars-CoV-2». In particolare, «tra gli altri, Dna di cani procioni selvatici, istrice malese e ratti del bambù», riassume l’Oms che spiega che la scoperta è già stata al centro di un incontro tra il comitato Oms che sta indagando sull’origine del coronavirus (Scientific Advisory Group for Origins of Novel Pathogens), i Chinese Center for Disease Control and Prevention cinesi che hanno depositato le sequenze e i ricercatori che hanno fatto la scoperta.
Tra gli animali positivi, i maggiori sospetti, al momento sono indirizzati verso cani procioni, anche se non è l’unico Dna animale riscontrato. La scoperta, inoltre, è avvalorata da foto d’archivio che mostrano che «cani procioni e altri animali sono stati venduti in quegli specifici stalli in passato», precisa l’Oms.
Potrebbe dunque essere più vicina la ricostruzione del Big Bang iniziale della pandemia. «Anche se questo non fornisce prove conclusione sull’ospite intermedio o sull’origine del virus, questi dati finiscono evidenze della presenza di animali suscettibili al mercato che potrebbero essere stati la fonte delle infezioni umane».