Covid, i vaccini proteggono a lungo anche le persone con sclerosi multipla
I vaccini contro Covid-19 sono efficaci e offrono una protezione duratura anche nelle persone con sclerosi multipla, anche se è possibile osservare delle differenze a seconda del tipo di trattamento a cui si è sottoposti. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia pubblicato sulla rivista Nature Communications. La ricerca è stata realizzata grazie ai fondi di un bando della Fondazione italiana sclerosi multipla (FISM).
La sclerosi multipla è una malattia autoimmune di tipo neurodegenerativo che colpisce il sistema nervoso centrale e che è caratterizzata da alti livelli di infiammazione causati da una potente attivazione del sistema immunitario, in particolare dei linfociti T. Diversi farmaci immunomodulatori con diversi meccanismi di azione sono oggi in grado di diminuire o bloccare l’attivazione del sistema immunitario, intervenendo sui livelli di infiammazione e prevenendo la progressione o le ricadute della malattia. Tuttavia, queste le terapie possono modificare le risposte immunitarie e ridurre l’efficacia dei vaccini, come quello per il Sars-CoV-2.
I ricercatori hanno analizzato l’aspetto, la funzione e il profilo metabolico dei linfociti T e B specifici per Sars-CoV-2 che si sono sviluppati in seguito alla somministrazione della terza dose del vaccino in 94 persone con sclerosi multipla recidivante-remittente trattate con diversi farmaci immunomodulanti. «Il nostro studio dimostra che, nonostante l’utilizzo della terapia immunomodulante, i pazienti con sclerosi multipla sviluppano una risposta immunitaria cellulo-mediata funzionale, specifica e duratura nel tempo in seguito a vaccinazione con Sars-CoV-2», ha commentato la prima firmataria dello studio Sara De Biasi.
Dallo studio è però emerso che il trattamento con alcuni farmaci (in particolare fingolimod e natalizumab) induce lo sviluppo di un profilo immunitario diverso da quello degli gli altri pazienti, soprattutto da un punto di vista metabolico, pur mantenendo comunque la loro funzione. Per esempio, nel caso del fingolimod, le cellule sviluppano un profilo senescente, come se fossero “invecchiate”, ma nonostante questo rimangono in grado di rispondere agli stimoli provenienti dall’esterno, come la vaccinazione appunto, spiega una nota.
I pazienti che presentano invece un particolare profilo delle cellule B e T specifiche per Sars-CoV-2, con linfociti metabolicamente attivi su più fronti, risulta essere più protetto dal Covid-19 rispetto a chi ha cellule senescenti.
«Questo studio dimostra per la prima volta che le cellule che vengono prodotte e attivate in seguito alla vaccinazione per il Sars-CoV-2 hanno un metabolismo che dipende, almeno in parte, dalla terapia che viene fatta per curare la sclerosi multipla», spiega il coordinatore dello studio Andrea Cossarizza. «Questo ci permette di ipotizzare che questo fenomeno valga per tutti i vaccini (compresi i vari richiami) che una persona può fare nel corso della vita, anche in età non più giovane, come il vaccino per l’Herpes zoster. Di conseguenza, conoscere le vie metaboliche utilizzate dalle cellule attivate da un vaccino in un paziente che riceve una terapia piuttosto che un’altra ci potrebbe permettere di migliorare la personalizzazione delle terapie vaccinali nei pazienti con sclerosi multipla, utilizzando, ad esempio, farmaci che intervengano appunto su tali vie», conclude.