Ecco perché molti fumatori non si ammalano di cancro ai polmoni

Lo studio

Ecco perché molti fumatori non si ammalano di cancro ai polmoni

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Immagine: Challiyil Eswaramangalath Vipin from Chalakudy, India, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Uno studio su Nature Genetics ha individuato un meccanismo protettivo nei confronti del cancro ai polmoni. Nonostante l’elevato consumo di sigarette alcune persone sviluppano in numero limitato delle mutazioni nelle cellule dei polmoni che favoriscono l’insorgere del tumore

Non ci sono dubbi: le sigarette sono la principale causa di cancro ai polmoni. È altrettanto vero però che solo una piccola parte dei fumatori sviluppa il tumore. E, secondo i ricercatori dell’ Albert Einstein College of Medicine, a prevenire i danni del fumo interverrebbe un meccanismo di protezione che limita l’insorgere di mutazioni nelle cellule dei polmoni. 

I ricercatori hanno utilizzato un metodo di sequenziamento avanzato che permette di sequenziare l’intero genoma di singole cellule chiamato “amplificazione a spostamento multiplo”. 

Ricorrendo a questa tecnica, gli scienziati dell’Albert Einstein College of Medicine hanno confrontato le mutazioni delle cellule epiteliali dei polmoni di due categorie di individui: 14 persone che non avevano mai fumato tra gli 11 e gli 86 anni e 19 fumatori tra i 44 e gli 81 anni che fumavano un minimo di 116 pacchetti all’anno. L’esame è stato eseguito su cellule prelevate durante una broncoscopia effettuata per ragioni non correlate al fumo. 

I ricercatori hanno scoperto che nei non fumatori si accumulavano delle mutazioni nelle cellule polmonari con l’avanzare dell’età, ma nei fumatori le mutazioni erano più numerose. 

«È la conferma sperimentale del fatto che il fumo aumenta il rischio di cancro ai polmoni aumentando la frequenza delle mutazioni, come precedentemente ipotizzato. Questo è probabilmente uno dei motivi per cui così pochi non fumatori si ammalano di cancro ai polmoni, mentre dal 10  al 20 per cento di chi fuma per tutta la vita sviluppa il tumore», spiega Simon Spivack, professore di medicina, di epidemiologia e salute della popolazione e di genetica all’Albert Einstein College of Medicine, e co-autore senior dello studio. 

Dall’analisi è emerso inoltre che il numero di mutazioni cellulari rilevate nelle cellule polmonari aumentava in corrispondenza lineare con il numero di anni di fumo e, presumibilmente, allo stesso modo aumentava anche il rischio di cancro ai polmoni. Ma in alcune persone l'aumento delle mutazioni cellulari si interrompeva dopo 23 anni di esposizione al fumo. 

«I fumatori più accaniti non avevano sempre il carico di mutazione più elevato. I nostri dati suggeriscono che questi individui potrebbero essere sopravvissuti così a lungo nonostante una considerevole esposizione al fumo perché sono riusciti a sopprimere un ulteriore accumulo di mutazioni. Questo livellamento delle mutazioni potrebbe derivare dal fatto che queste persone hanno sistemi molto efficaci per riparare i danni del DNA o per ridurre gli effetti tossici del fumo di sigaretta», ha affermato Spivack. 

La scoperta, pubblicata su Nature Genetics, potrebbe aprire a strada a nuovi test in grado di valutare la capacità di una persona di riparare il  DNA e di conseguenza calcolare il rischio individuale di cancro ai polmoni. 

«Potrebbe trattarsi di un importante passo avanti verso la prevenzione e la diagnosi precoce del rischio di cancro ai polmoni in alternativa agli attuali giganteschi sforzi necessari per combattere la malattia in fase avanzata», ha affermato in conclusione Spivack.