Epilessia: intelligenza artificiale e valanghe neuronali per diagnosi non invasive
Pubblicato sulla rivista Scientific Reports, uno studio Italia-Francia che sfrutta l’intelligenza artificiale per la classificazione automatica dell’attività cerebrale di pazienti con epilessia, raggiungendo l’88% di accuratezza.
Lo studio ha utilizzato metodiche nella cornice teorica delle valanghe neuronali, che possono essere viste come eventi di propagazione dell’attività elettrica attraverso la rete cerebrale, preceduti e seguiti da periodi silenti. Utilizzando metodi di apprendimento automatico, lo studio è riuscito a distinguere tra pazienti con epilessia del lobo temporale e soggetti sani con una accuratezza dell’88%, producendo un aumento del 18% nella capacità di classificazione rispetto ai metodi di connettività funzionale più classicamente utilizzati.
La ricerca è stata condotta dall'Istituto Medea di Conegliano, dall'Institut du Cervau (ICM) di Parigi e dall'Institut de Neurosciences des Systèmes (INS) di Marsiglia in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli.
«Lo studio si è concentrato sull’attività del cervello a riposo senza la presenza di crisi o alterazioni elettriche correlate all’epilessia nel segnale dell’elettroencefalogramma, per cercare di aumentare la generalizzabilità dei risultati. Questo lavoro ha una potenzialità di diretta applicazione nella pratica clinica come importante strumento di supporto ai medici durante il processo di diagnosi» sostengono Gian Marco Duma, la Marie-Constance Corsi e Pierpaolo Sorrentino, ricercatori rispettivamente presso l'Irccs Medea (Conegliano), l'Institut de Neurosciences des Systèmes (Marsiglia) e l'Institut du Cervau (Parigi) che hanno coordinato lo studio.
«La diagnosi di epilessia è un processo complesso – ricorda Duma - che spesso richiede molte ore e giorni di raccolta dati. Questo non è sempre possibile in tutti i setting clinici. I nostri risultati sono una evidenza iniziale per una applicazione dei metodi che sfruttano componenti aperiodiche del segnale Eeg insieme all’intelligenza artificiale, per aiutare a ottimizzare i tempi di raccolta dati e supportare la diagnosi clinica. Questi strumenti sono di particolare utilità in quelle unità non specializzate dove il rischio di misdiagnosi è potenzialmente più elevato».
Lo studio si è concentrato anche nel superare i limiti della black box interpretativa del machine learning. «Abbiamo infatti studiato quali fossero gli elementi che influenzavano maggiormente la classificazione. Questo ha permesso di identificare quali zone del cervello stessero fornendo maggiori informazioni al modello: si tratta delle stesse zone che hanno una relazione con la patofisiologia dell’epilessia» aggiungono Corsi e Sorrentino.
«Abbiamo bisogno di dati aggiuntivi per una validazione clinica – avvertono infine i ricercatori - ma questo lavoro rappresenta l’inizio di future ricerche volte a implementare applicazioni della AI non solo nello studio dei meccanismi della patologia ma anche in applicazioni dirette in scenari clinici»