Esercizio fisico e mentale per frenare l’invecchiamento del cervello

Lo studio

Esercizio fisico e mentale per frenare l’invecchiamento del cervello

di redazione

La combinazione di esercizio fisico e training cognitivo aiuta a ridurre gli effetti dell’invecchiamento sulle prestazioni del cervello, poiché riduce una molecola infiammatoria denominata CCL11. 

È il risultato di uno studio condotto da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa pubblicato sulla rivista Brain, Behavior and Immunity realizzato nell’ambito del progetto Train the Brain. 

«Abbiamo notato che nel sangue dei partecipanti al progetto i livelli della molecola infiammatoria CCL11, nota anche come Eotaxin-1, erano più bassi rispetto a quelli misurati prima dell’inizio del programma di allenamento», spiega Marco Mainardi dell’Istituto di neuroscienze del CNR. «Per capire se questa riduzione fosse una conseguenza dell’esercizio fisico e mentale abbiamo utilizzato il modello murino, seguendo un protocollo, detto ‘arricchimento ambientale’, di esercizio fisico volontario, di stimolazione cognitiva e di interazione sociale, che riproduce Train the Brain. I modelli animali “arricchiti”, normalmente più bravi nello svolgimento di un test di memoria spaziale rispetto a quelli allevati in condizioni standard, perdono il loro vantaggio se i livelli di CCL11 sono mantenuti elevati artificialmente. Viceversa, la neutralizzazione di questa molecola nei soggetti allevati in condizioni standard comporta un miglioramento della loro capacità cognitiva che li rende simili agli arricchiti».

«Questi esperimenti mostrano come la riduzione del livello ematico della molecola infiammatoria CCL11 costituisca un meccanismo chiave nel miglioramento delle prestazioni di apprendimento e memoria indotto dal training fisico e cognitivo», conclude Margherita Maffei dell’Istituto di fisiologia clinica (Cnr-Ifc). «I risultati aprono la strada a possibili strategie terapeutiche per alleviare gli effetti della perdita di memoria dovuta a patologie neurodegenerative, prima tra tutte la malattia di Alzheimer, tramite un’azione mirata su CCL11. Il gruppo è attualmente alla ricerca di nuovi finanziamenti per proseguire il progetto e riuscire così a chiarire, tra l’altro, quali siano le cellule cerebrali bersaglio dell’azione di CCL11».