I figli della pandemia hanno un microbioma diverso
I figli della pandemia potrebbero riconoscersi dal microbioma intestinale. Secondo uno studio pubblicato su Scientific Reports i bambini nati durante il lockdown hanno infatti una composizione della flora intestinale differente da quella dei bambini nati prima dell’introduzione delle misure restrittive. Il fenomeno sarebbe la naturale conseguenza dei cambiamenti nelle abitudini di vita.
I ricercatori hanno valutato l’impatto del lockdown sul microbioma dei neonati analizzando i campioni di feci di 20 bambini venuti al mondo durante i primi nove mesi della pandemia e mettendoli a confronto con quelli di un campione di riferimento composto da bambini nati prima del lockdown.
Ebbene, il primo tratto distintivo dei figli della pandemia è una ridotta biodiversità della flora microbica intestinale.
«All’inizio i risultati sono stati sorprendenti. Non c’erano dati precedenti per prevedere come una pandemia globale avrebbe potuto modellare il microbioma intestinale», ha affermato Sarah Vogel, psicologa dello sviluppo presso l'Università di Boston, nel Massachusetts, tra gli autori dello studio.
In realtà, il fenomeno osservato era piuttosto prevedibile. Durante il lockdown sono mancate le tradizionali occasioni di socialità che sono anche accompagnate da un silenzioso scambio di microbi. Non ci si pensa, ma le visite dei parenti, le passeggiate al parco, gli incontri con altri bambini, la vita all’aria aperta servono ai neonati per fare rifornimento di microrganismi che vanno ad arricchire il bagaglio ricevuto alla nascita contribuendo così alla salute generale. Uno squilibrio del microbioma è infatti stato associato a disturbi psichiatrici, malattie della pelle e problemi gastrointestinali.
«I primi mille giorni sono fondamentali per ottenere un microbioma sano. Senza un adeguato ingresso di batteri benefici durante questo periodo, i bambini corrono un rischio maggiore di problemi di salute in futuro», afferma afferma Jun Sun, ricercatore sul microbioma dell'Università dell'Illinois a Chicago.
Ma il microbioma dei neonati del lockdown si distingue non solo per una ridotta biodiversità, ma anche per specifiche differenze nella sua composizione, con alcuni microbi presenti in abbondanza e altri quasi del tutto assenti.
La diversa impronta microbica è emersa in uno studio dell’University College Cork in Irlanda sui bambini nati a Dublino durante il lockdown. In particolare, all’età di 12 mesi i bambini nati quando non si poteva uscire di casa avevano livelli più alti di bifidobatteri trasmessi dal latte materno e livelli più bassi di clostridia, batteri generalmente provenienti dall’ambiente esterno.
La composizione del microbioma dei neonati, insomma, rispecchiava perfettamente le abitudini di vita della famiglia durante i primi mesi della pandemia.
«Un bambino su quattro non aveva incontrato nessun altro bambino della sua stessa età nel corso dello studio. È probabile che la combinazione tra la permanenza in casa, una maggiore igiene, la riduzione delle interazioni sociali e un maggiore stress sperimentato da molti genitori abbia contribuito al peculiare microbioma intestinale riscontrato nei bambini nati in questo periodo», afferma Susan Byrne, neurologa pediatrica presso il Royal College of Surgeons in Irlanda, a Dublino e coautrice dello studio.
Una volta constatata la differente composizione del microbioma, i ricercatori di Dublino hanno voluto scoprire se quelle differenze avessero qualche conseguenza sulla salute dei bambini. Sono partiti analizzando la prevalenza tra i figli della pandemia.
di allergie ed eczema, condizioni associate a disfunzioni del microbioma, e hanno scoperto che tra i bambini di 12 mesi le alterazioni del microbioma erano altamente predittive del rischio di sviluppare entrambe le condizioni.
La responsabilità della maggiore esposizione ad allergie ed eczemi potrebbe essere attribuita al livello ridotto di batteri del genere clostridia dovuto all’isolamento sociale.
Altri studi hanno osservato una capacità di comunicazione compromessa nei bambini nati durante il lockdown, ma non è possibile attribuire con certezza questo fenomeno alle differenze nel microbioma e un’alterazione dell’asse intestino-cervello. L’isolamento sociale, oltre ad aver limitato la possibilità di una sana contaminazione microbica, ha indubbiamente ridotto gli stimoli esterni e aumentato lo stress dei genitori, fattori che possono incidere sullo sviluppo cognitivo.