Finanziamenti alla ricerca: più spazio ai giovani. I lavori di inizio carriera sono i più innovativi

Lo studio 

Finanziamenti alla ricerca: più spazio ai giovani. I lavori di inizio carriera sono i più innovativi

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Immagine: Yakuzakorat, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons
di Roberto Amato
Ovviamente non basta essere giovani. Bisogna essere bravi. Ma chi è bravo, dà il meglio si sé all’inizio della carriera. Con il passare degli anni i lavori diventano meno innovativi e creativi. Per questo i giovani talenti della ricerca biomedica andrebbero sostenuti di più

Largo ai giovani. Non è detto che valga sempre, in ogni campo, ma nel mondo della ricerca biomedica i lavori migliori, più innovativi e creativi, si realizzano in gioventù. Con il passare degli anni il valore delle ricerche, ossia l’impatto degli studi sul progresso della scienza, si riduce della metà se non di un terzo. A dirlo è uno studio pubblicato sul Journal of Human Resources che si basa sull’analisi di milioni di pubblicazioni nell’arco di diversi decenni. L’età conta: i ricercatori danno il meglio di sé nella prima parte della loro carriera.  Eppure generalmente sono gli scienziati senior, con più anni di esperienza alle spalle, a vincere i bandi per i finanziamenti alle ricerche. 

Per esempio, il numero di ricercatori di 56 anni e oltre finanziati dai National Institutes of Health (NIH) è quasi il doppio degli under 40. Nonostante infatti sia stata introdotta la regola della “quota giovani” che prevede di assegnare una parte dei bandi ai ricercatori freschi di studi, l’età media a cui arriva il primo grant da parte dei NIH è salita da 40 a 44 anni negli ultimi 25 anni. 

Si teme quindi che il sistema dei finanziamenti, troppo condizionato dal dato anagrafico, non riesca a intercettare gli scienziati più creativi.  

Per verificarlo, gli autori dello studio hanno analizzato 5,6 milioni di articoli biomedici estratti dal database PubMed che coprono un periodo di trent’anni, tenendo conto delle posizioni accademiche degli autori. 

In base ad alcuni parametri chiave, come la quantità di citazioni più recenti e la varietà dei campi di ricerca delle citazioni contenute nelle pubblicazioni, gli autori dello studio hanno realizzato un modello matematico per calcolare l’aspetto innovativo dei vari lavori. Dall’analisi è emerso che gli scienziati più giovani erano più creativi e innovativi dei loro colleghi più anziani perché ricorrevano a dati più aggiornati e a studi più multidisciplinari per sviluppare le loro ricerche. Gli scienziati più anziani preferivano, al contrario, citare studi più datati e più settoriali, non cogliendo il valore innovatore delle ricerche più recenti.

Non c’è un modo semplice per rimediare alla “ingiusta” distribuzione dei fondi. Ridurre il numero dei finanziamenti ai ricercatori più anziani potrebbe infatti rivelarsi un boomerang: molte ricerche sono frutto di collaborazioni tra scienziati senior e junior, penalizzando i primi si rischierebbe di penalizzare anche i secondi. È anche vero però che se i giovani avessero a disposizione i soldi per avviare in autonomia le loro ricerche non sarebbero costretti a cercare l’appoggio dei colleghi più anziani sentendosi liberi di perseguire idee poco convenzionali e potenzialmente rivoluzionarie. 

Le cose si complicano ancora di più tenendo conto di una considerazione banale: la giovane età non basta, bisogna essere bravi. È lo stesso ragionamento che vale per gli atleti: se si è bravi, quando si è giovani si è ancora più bravi. Il compito dei finanziatori diventa a questo punto una sorta di talent scouting: riconoscere i giovani talentuosi e premiarli.