Un gene lega sclerosi laterale amiotrofica e atrofia spinale muscolare
Si chiama SYT13 ed è un gene dalla cui attività potrebbe in parte dipendere la manifestazione di due gravi malattie neurodegenerative: la sclerosi laterale amiotrofica e l’atrofia spinale muscolare.
È quanto hanno scoperto ricercatori del Centro Dino Ferrari, dell’Università degli Studi di Milano, dell’IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico in collaborazione con il Karolinska Institutet di Stoccolma.
La SLA e la SMA sono gravi patologie neurodegenerative caratterizzate dalla morte dei motoneuroni del sistema nervoso centrale, le cellule che controllano l’attività dei muscoli scheletrici e quindi il movimento volontario. Queste malattie causano nei pazienti una progressiva debolezza, atrofia muscolare, deficit nella deglutizione e difficoltà respiratorie. Non esiste una terapia efficace per la SLA e le terapie approvate per la SMA che aumentano la produzione di SMN (Survival Motor Neuron), la proteina carente, sono efficaci prevalentemente se somministrate precocemente nel corso della malattia.
Da tempo sappiamo che sia nella SLA sia nella SMA non tutti i motoneuroni degenerano, ma ne sono risparmiati ad esempio i neuroni oculomotori, che controllano i movimenti oculari. I meccanismi responsabili di questa degenerazione selettiva sono in gran parte sconosciuti.
Ed è soprattutto su questi che si è concentrata l’attività dei ricercatori.
«Una complessa analisi dell’espressione dei geni dei motoneuroni oculomotori rispetto a quelli spinali ha permesso l’identificazione di geni la cui espressione è rilevante per la resistenza alla malattia», ha illustrato la prima firmataria del lavoro pubblicato sulla rivista Acta Neuropathologica Monica Nizzardo.
I ricercatori hanno infatti dimostrato che i i neuroni oculomotori esprimono preferenzialmente Synaptotagmin 13 (SYT13) rispetto ai neuroni motori spinali vulnerabili e, aumentando l’espressione del gene SYT13, si osserva un miglioramento delle caratteristiche della malattia nelle cellule dei pazienti e anche nei modelli SLA/SMA murini.
«Questo risultato testimonia la necessità di continuare ad approfondire i meccanismi della neurodegenerazione e resistenza alla malattia nella SMA/SLA per identificare nuovi meccanismi molecolari utili a comprendere la malattia e a contribuire allo sviluppo di future strategie terapeutiche», ha aggiunto Stefania Corti, a capo del Laboratorio di Cellule Staminali Neurali nel Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti dell’Università degli Studi di Milano.