Hiv: nuovi trattamenti antiretrovirali “silenziano” a lungo termine il virus
C’è ma non si vede. E se non si vede, non agisce. Così, per molto, molto tempo, l’Hiv resta non rilevabile nel sangue e non trasmissibile. Succede grazie ai nuovi trattamenti e in particolar modo ai farmaci cosiddetti “long acting” di cui emergono prove di efficacia e sicurezza. Diversi studi di recente pubblicazione sono presentati in questi giorni nella XV edizione di ICAR - Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, a Bari dal 14 al 16 giugno.
«Oggi esiste un ventaglio di terapie antiretrovirali completo, arricchito negli ultimi anni da altre classi di farmaci e nuove modalità di somministrazione. Questi successi terapeutici si vanno ad aggiungere alla terapia antiretrovirale che in oltre il 70-80 per cento dei pazienti è assunta in un’unica compressa. Il successo è dovuto non solo ai risultati clinici sulla persona che vive con Hiv, ma anche al fatto che oltre il 95 per cento delle persone che assume la terapia ottiene una carica virale non dosabile, ossia non trasmette il virus, riducendo le nuove infezioni. Un altro aspetto fondamentale è la terapia personalizzata: è possibile scegliere un regime terapeutico appropriato a seconda del tipo di paziente e della fase che sta attraversando. La medicina di precisione mette al centro il paziente, la sua qualità di vita e le sue problematiche. Inoltre, per il futuro sono allo studio farmaci sia per iniettiva sottocutanea, con somministrazione una volta ogni sei mesi, che per via orale, una compressa ogni quattro settimane. Ulteriori potenzialità che completano un quadro rivoluzionario, grazie a una terapia che impatta pochissimo sulla quotidianità e garantisce efficacia a lungo termine e bassa tossicità», sottolinea Sergio Lo Caputo, copresidente ICAR.
La rimborsabilità decretata nel 2022 di uno dei principali trattamenti long acting, Cabotegravir Rilpivirina, permette un primo bilancio dell’esperienza in real life.
«In uno studio romano viene descritta una coorte di pazienti con somministrazione domiciliare di CAB+RPV a lunga durata d'azione, con una somministrazione parenterale ogni 4 settimane, attraverso una unità di assistenza domiciliare: lo studio ha confermato l'efficacia e la tollerabilità del trattamento, sottolineando anche quanto possa essere utile una strategia domiciliare in pazienti difficili da trattare. In uno studio milanese, su più di 300 persone, la probabilità a 3 mesi di fallimento al trattamento con il regime a lunga durata d'azione era bassa (del 3,5%). In un altro studio, condotto a Brescia, un questionario anonimo offerto ai pazienti in cura presso l'Ambulatorio Malattie Infettive e Tropicali ha evidenziato che coloro che fossero a conoscenza della disponibilità di farmaci long acting sono ancora pochi (il 57,5% non ne aveva mai sentito parlare)», spiega Francesca Ceccherini Silberstein, copresidente ICAR.
Resta invece ancora lontano il traguardo di un vaccino. «L’infezione da Hiv non vede possibilità di eradicazione né di un vaccino preventivo. Proprio nei primi mesi del 2023 è stata diffusa la notizia che l’ulteriore trial vaccinale non ha avuto risultati soddisfacenti ed è stato interrotto a causa della complessità del virus. I continui miglioramenti a livello terapeutico permettono comunque un miglioramento nella qualità di vita e riducono le nuove infezioni, proponendo la terapia come forma di prevenzione, a cui si deve aggiungere una maggiore diffusione del test rapido per identificare le persone con HIV. Con queste strategie potremo arrivare a un’ulteriore riduzione di nuovi casi», evidenzia Lo Caputo.