Leucemia mieloide acuta: scoperto il “silenziatore” molecolare che nasconde le cellule leucemiche al sistema immunitario
“Stanare” le cellule leucemiche nascoste rendendole nuovamente vulnerabili all’azione del sistema immunitario. È la strategia proposta dai ricercatori dell’Ospedale San Raffaele come potenziale trattamento per le recidive post trapianto della leucemia mieloide acuta.
In quasi la metà dei casi di recidiva dopo trapianto di midollo osseo, ciò che permette alle cellule della leucemia mieloide acuta di sfuggire al controllo immunitario non è una mutazione nella loro sequenza di DNA, ma una cosiddetta modifica epigenetica: il DNA che codifica per le proteine HLA, le proteine che rendono il tumore riconoscibile ai linfociti del donatore, viene momentaneamente "impacchettato" e nascosto.
I ricercatori dell’Ospedale San Raffaele hanno scoperto come invertire il processo, forzando le cellule leucemiche a mostrare le loro proteine HLA e rendersi così nuovamente vulnerabili all’azione antitumorale del trapianto. Per farlo, hanno utilizzato una molecola già in fase di sperimentazione avanzata negli esseri umani per altre indicazioni terapeutiche e quindi già sperimentata clinicamente per sicurezza e tollerabilità. L’approccio, descritto su Cancer Discovery, è stato testato con risultati promettenti in cellule in coltura e in animali di laboratorio in cui è stato possibile riprodurre almeno in parte la malattia umana.
A oggi la terapia più efficace per molti pazienti con leucemia mieloide acuta, un tumore del sangue a sviluppo molto rapido che origina nelle cellule staminali presenti nel midollo osseo, è il trapianto di midollo da donatore. L’attività antitumorale del trapianto è dovuta alla parziale incompatibilità tra il sistema immunitario del donatore e le cellule del paziente, di cui fanno parte anche le cellule tumorali. Questa reciproca incompatibilità è legata alla presenza, sulla superficie delle cellule tumorali, di una diversa classe di proteine, chiamate HLA. Tale diversità facilita il lavoro dei linfociti del donatore nel riconoscere il tumore come un elemento estraneo, da attaccare ed eliminare.
«Purtroppo però, in circa la metà dei pazienti con leucemia mieloide acuta sottoposti a trapianto di midollo da donatore, il tumore si ripresenta a distanza di tempo e questa volta non è più riconoscibile dai linfociti trapiantati: le proteine HLA normalmente presenti sulla superficie delle cellule leucemiche sono state infatti nascoste per sfuggire al sistema immunitario. Studiare questi meccanismi di evasione e trovare strategie efficaci per ostacolarli è uno dei nostri obiettivi di ricerca», spiega Luca Vago, professore associato di Ematologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele e group leader della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive di Ospedale San Raffaele.
Gli scienziati hanno identificato il preciso meccanismo epigenetico responsabile della scomparsa delle proteine HLA e il modo per invertirlo, rendendo la leucemia di nuovo riconoscibile dal sistema immunitario.
«Attraverso un lavoro di squadra che ha utilizzato le più innovative tecnologie per lo studio di genoma ed epigenoma, e che ha coinvolto anche un gruppo di bioinformatici del San Raffaele, abbiamo identificato il complesso proteico grazie a cui le cellule tumorali nascondono le loro proteine HLA: un noto silenziatore di geni chiamato PRC2», afferma Raffaella Di Micco, co-coordinatrice dello studio pubblicato oggi su Cancer Discovery.
Nel caso delle recidive della leucemia mieloide acuta PRC2 agisce “nascondendo” proprio la porzione di DNA che codifica per le proteine di superficie HLA. Inibendo PRC2 si inverte questo processo e le cellule tornano visibili al sistema immunitario.
Gli inibitori di PRC2 sono già in via di sperimentazione clinica avanzata per altri tumori ematologici e solidi, sulla base di meccanismi di azione diversi rispetto a quello, del tutto nuovo, scoperto dai ricercatori del San Raffaele e descritto oggi su Cancer Discovery. Il fatto che la sicurezza e la tollerabilità di questi farmaci sia già stata ampiamente sperimentata negli esseri umani promette di accelerare l’avvio delle prime sperimentazioni cliniche di questi inibitori nei pazienti con leucemia mieloide acuta.